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Quali sono gli “indicatori linguistici negativi” che possono ostacolare il cambiamento? 

Il modo in cui il nostro cervello elabora le informazioni ha un impatto sulle nostre azioni.

Elaboriamo alcune informazioni (pensieri), che hanno un impatto sul nostro stato d’animo (emozioni).Il modo in cui ci sentiamo ha un impatto sul nostro comportamento (azioni). Pertanto, piuttosto che iniziare semplicemente dal cambiare un comportamento, è spesso più opportuno “riprogrammare” i nostri processi di pensiero. 

Utilizzare un linguaggio prevalentemente negativo o distorto, ricco di pensieri generalizzanti, di tematiche ricorrenti non risolte, con percezioni e presupposti costantemente imprecisi, può a lungo andare a inibire il cambiamento.

Tra gli indicatori linguistici negativi che più utilizziamo, emergono le seguenti frasi:

  • “Non posso…”
    È proprio vero che non posso o non voglio? Forse non ho ancora provato davvero.
    O forse ho paura di farlo. Forse non ci sono ancora riuscito. Questo tipo di programmazione è estremamente negativa. Se percepiamo le situazioni in bianco e nero, ovvero come positive o negative, buone o cattive, ciò potrà ostacolare i nostri tentativi di cambiamento futuri. Al contrario, percepire ogni situazione solo come “un’esperienza”, ci ricorda che possiamo ripetere qualcosa finché non ci riusciamo. Siamo solo noi stessi che poniamo un limite di tempo al successo o al fallimento.
  • “Non ho mai…” “Accade sempre a me…”
    Quando le persone generalizzano, spesso hanno una percezione errata di una situazione. È altamente improbabile che qualcosa veramente “non accada mai”, ed è importante esplorare da dove proviene questa percezione. Da chi abbiamo appreso questo modo di guardare alle singole esperienze, in che modo abbiamo confermato questo schema di pensiero come veritiero. Quando scegliamo di utilizzare frequentemente questa tipologia di dialogo interno e/o esterno, ci releghiamo ad assumere il ruolo della vittima.
  • “Ci provo…”
    Dire al cervello di “provare” a fare qualcosa, gli fornisce molto spesso un’utile “via di uscita”. Il più delle volte ci stiamo davvero preparando a fallire. Se non ci riusciamo non ci sentiremo troppo male in quanto proprio come abbiamo appena detto “proveremo a farlo…”.
  • “Non c’è via di uscita…
    Il cervello ci insegna ad essere ciò che gli diciamo di essere. Pertanto, se gli diciamo che siamo senza speranza, manifesteremo là fuori quel comportamento esterno.
  • “Quella persona mi rende arrabbiato/nervoso/frustrato…”
    Pensare che qualcun altro sia responsabile delle nostre emozioni può essere molto dannoso. Possiamo sentirci in un certo modo solo se gli cediamo il permesso di “farci sentire” in quel modo. L’altra persona può aver creato il clima per farci sentire in quel modo, ma sta sempre a noi scegliere quali pensieri, emozioni, parole e azioni “mettere in campo” in ogni situazione della nostra vita.
  • “Dovrei/devo…” 
    Spesso quando le persone dicono queste parole si stanno imponendo delle scadenze forzate, che prima o poi inizieranno a non rispettare, in quanto credono siano loro imposte da forze esterne. Possiamo sfidarci a considerare in quali altri modi possiamo avere il controllo del nostro destino.
  • “Non ho tempo…”
    Molti di noi conducono oggettivamente una vita frenetica in cui passiamo da una cosa all’altra. Se continuiamo a ripeterci che non abbiamo tempo per qualcosa o qualcuno, non avremo mai (o non troveremo mai) il tempo per inseguire ciò che vogliamo davvero. Il tempo è reale, ma il modo con cui lo percepiamo è un costrutto sociale.
    C’è inoltre una “psicologia dei tempi”, che è personale. È il nostro modo unico e soggettivo di guardare agli accadimenti della nostra vita, che si muovono nel nostro continuum tra presente, passato e futuro. A seconda della valenza positiva o negativa con cui percepiamo gli eventi su quel continuum, andremo ad influenzare la nostra modalità di “percepire” il tempo e di agire conseguentemente. Credere di non avere tempo ci fa rimanere bloccati in un posto e ci allontana dal raggiungimento dei nostri obiettivi.

Un primo passo che possiamo fare è quello di ascoltare quanto spesso pronunciamo queste frasi, e di riformularle in modo che siano più funzionali a ciò che vogliamo che accada all’interno e all’esterno di noi. 

Un Coach può supportarci nell’identificare cosa ci sta bloccando ad un livello più profondo e può aiutarci a capire su cosa serve lavorare per crescere e per perseverare nella costruzione del nostro viaggio della vita sia a livello personale che professionale.

Cristina Turconi
Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Trainer in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE 

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Concetti fondamentali: la visione della persona come sistema energetico

Il metodo HPM per il coaching

Il metodo HPM deriva la propria sigla dal suo obiettivo primario, il Modeling, o “dare forma”, generare impulso, contributo e stimolo alla crescita della persona, dei team e delle organizzazioni.

Il metodo ha due distinte sfere di applicazione, tra di loro collegate:

  • crescita del potenziale umano: Human Potential Modeling, e
  • sviluppo delle prestazioni: Human Performance Modeling.

Il metodo contiene una concezione dell’uomo come articolazione di energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni.

Il metodo individua sei specifiche “celle di lavoro”, sulle quali ciascuno di noi, indipendente dalla sua condizione di partenza, può fare progressi, piccoli o grandi che siano. E, per ogni piccola conquista, si aprono nuovi orizzonti che ci invitano ad andare avanti, in una continua esplorazione di ciò che significa progredire, nel suo senso più profondo.

“Entrare” in queste sei celle ci permette di costruire progetti di crescita seri ed efficaci, siano essi la “liberazione” da ciò che ci frena, o l’aumento delle nostre risorse personali.

L’amplificazione delle energie e abilità di un individuo o di un intero gruppo o impresa, può proiettarci verso nuovi traguardi, e nuovi modi di essere. Prendere piena coscienza dei propri potenziali e lottare per raggiungerli è un’operazione che ha una propria sacralità, al di la del risultato numerico o professionale che ne può derivare.

Capire questo è essenziale oggi per fare del training aziendale serio, essere ricercatori o insegnanti degni di questo nome, ma anche nel coaching, nel focusing (focalizzazione dei fabbisogni di sviluppo), nella consulenza, nei progetti di crescita personale, quando si esamina una persona o un’organizzazione, intesa come complesso di energie circolanti, il suo lato umano, il suo spirito vitale.

Il metodo HPM raggruppa tutti i fattori evidenziati in un modello piramidale (energie fisiche e mentali, micro e macro-competenze, progettualità e aspirazioni) e li considera aspetti allenabili, aumentabili, su cui si può agire.

A questo modello quindi ci apprestiamo a lavorare.

Ne esponiamo di seguito un’anteprima grafica, nella quale si evidenziano le sei specifiche aree di lavoro, ciascuna delle quali viene approfondita, ma sicuramente non esaurita.

Esaurire ogni singola area sarebbe una pretesa troppo grande, mentre aprirvi una discussione e offrire su ciascuna contributi, strumenti utili e operativi, è invece già possibile.

Potenziale umano e prestazioni umane sono due aree di studio diverse ma strettamente collegate, così come lo sono le fondamenta di un edificio e i suoi piani superiori.

Nessuno costruirebbe, con un minimo di buon senso, un grattacielo su fondamenta instabili. Il lavoro sul potenziale è, come metafora, simile al lavoro di costruzione di fondamenta solide, mentre le performance ci restituiscono un senso di altezza, di quanto in alto possiamo spingerci.

Ognuno di noi sente il bisogno, prima o poi, di sviluppare il suo potenziale, ma anche di accedere a piani esistenziali superiori, ricercare, crescere.

Possiamo soffocare questa pulsione umana naturale, ma è come cercare di non respirare, prima o poi il bisogno viene fuori, ed è bene ascoltarlo.

Il modello HPM analizza l’essere umano come sistema energetico, una sinergia di forze (fisiche e mentali), la cui amplificazione può aumentare il grado di felicità, successo e potenzialità realizzativa.

Questo sistema complesso è composto da sottosistemi, che possono disporre di uno stato di carica variabile, e funzionare bene o male, con gradazioni intermedie di efficienza ed efficacia.

Per analizzare il potenziale globale della persona, non solo sul piano fisico o intellettuale, ma come essere umano nel suo complesso, abbiamo bisogno di localizzare quali sono i micro e macro-distretti su cui si può agire e come questi interagiscono tra di loro.

Dobbiamo anche saper muovere lo zoom di analisi dal micro al macro, dal particolare al generale, e viceversa.

Esponiamo di seguito una breve sintesi di quali sono i contenuti principali delle sei “celle” di lavoro:

  • il substrato psicoenergetico e le energie mentali: riguarda le energie psicologiche, le forze motivazionali, lo stato di forma mentale necessario per affrontare sfide, progetti, traguardi (goal) e obiettivi. Si prefigge di analizzare ed intervenire sulle capacità mentali, come concentrazione, lucidità tattica, abilità strategiche, capacità di percezione, utilizzo della memoria, amplificazione sensoriale, sino alle capacità di vivere le passioni, rivedere il nostro modo di essere, riprendere in mano il proprio ruolo nella vita con maggiore assertività, ripensarsi, creare motivazione in sè e nel team, sviluppare coraggio e perseveranza, utilizzare uno stile di pensiero produttivo e positivo;
  • il substrato bioenergetico e le energie fisiche: inquadra la parte biologica dell’essere umano: il corpo e le energie fisiche, lo stato di forma organis­mico e biologico che sorregge le energie individuali; comprende l’analisi delle energie corporee e il funzionamento dell’organismo, come esso possa essere riparato o “potenziato”, gli effetti dello stile di vita e l’approccio olistico al corpo, l’attenzione alle economie locali (di specifici distretti fisici) e alle energie generali;
  • le micro-competenze: i micro-dettagli che danno spessore al potenziale, le micro-abilità psicologiche e psicomotorie che fanno la differenza in una prestazione manageriale o sportiva, le micro abilità-cognitive (di ragionamento), che creano differenza tra un’esecuzione mediocre, media o invece eccellente,  le micro-abilità relazionali e comunicazionali da cui dipende un lavoro di qualità;
  • le macro-competenze personali e professionali: i grandi strumenti (competenze, skills, capacità) che compongono il profilo di un ruolo; le traiettorie di cambiamento che subisce lo scenario che ci circonda, come rimanerne coscienti e in pieno controllo; la gamma delle abilità o portfolio di competenze di un individuo o di un team, e come questo deve essere rivisitato, riqualificato, formato, per essere all’altezza degli obiettivi che ognuno di noi si pone e delle sfide che vuole cogliere;
  • goal e progettualità: la strutturazione dello sforzo per qualcosa o contro qualcosa di concreto (un ideale trasformato in progetto); la capacità di sviluppare un obiettivo in azione, il focus di applicazione delle energie e competenze, la loro traduzione in specifici piani operativi e risultati attesi;
  • visione, principi e valori, missione: ideali, principi morali, sogni, aspirazioni, i motori profondi che dirigono le priorità personali, gli ancoraggi di senso e significato che connettono i progetti ad un piano più profondo, le scelte personali, il senso di missione. Riguarda inoltre lo sfondo primordiale di desideri e pulsioni che spingono il nostro fare ed agire, il senso di causa e – non ultimo – il nostro vissuto spirituale ed esistenziale.

Ognuno di questi stati o “celle” può avere un certo livello di “carica”, trovarsi “pieno”, “abbondante”, ben coltivato, ben esercitato, o essere invece “scarico”, deprivato, depotenziato, impoverito, o persino trascurato e maltrattato, denutrito, abbandonato.

Al crescere della carica nei diversi sistemi aumenta l’energia complessiva della persona, dei team, e delle organizzazioni da loro composte, con effetti molto tangibili: risultati, prestazioni, capacità di decidere, di incidere e produrre cambiamento positivo. Questi risultati dipendono dallo stato dei diversi sistemi, dalla capacità di coltivarli e nutrirli.

La loro condizione locale e l’interazione tra le diverse “celle” può produrre il massimo del potenziale o presentare sinergie negative, o danni e malfunzionamenti che impediscono all’essere umano di esprimersi.

Le risorse personali e il potenziale individuale possono essere “lette” ma soprattutto amplificate attraverso un lavoro serio sulle sei aree.

Sul piano manageriale e sportivo, nei team e nelle aziende, le implicazioni sono altrettanto evidenti: lo stato di forma mentale e fisico delle persone, la loro carica motivazionale, le loro competenze, la loro progettualità, il loro spessore morale, fanno la differenza tra persone o team spenti, e persone, team o organizzazioni capaci, forti, motivate, piene di energia ed entusiasmo, desiderose di affrontare sfide e dare contributi veri.

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Agire sui “saperi” tramite il Modello XY e gli obiettivi di apprendimento

Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione della conoscenza.

Stephen Hawking

Agire sui saperi tramite il modello X-Y significa chiedersi quale “information gap” vogliamo colmare. Significa chiedersi “cosa deve sapere la persona dopo questo intervento di formazione o coaching, che prima non sapeva?”. I saperi sono importanti ma non sufficienti. Ed inoltre, fare “lezioni” è spesso un metodo insufficiente per creare saperi veri, solidi e interiorizzati.

Trasferire “Saperi” in modalità accademica significa trasmettere conoscenze teoriche, dati, elementi conoscitivi o culturali, tramite il metodo “ad una via”, nel quale un oratore o docente parla e/o scrive su un foglio, espone slides o schemi, legge documenti, e altri metodi similari. È il classico metodo della “lezione frontale” composta da un oratore e da un pubblico (più o meno ricettivo).

La lezione classica o frontale ha numerosi limiti e alcuni pregi. Per i pregi, come evidenzia Castagna (2003). “…. È un momento razionalizzante per antonomasia, perciò necessario nella formazione comportamentale[1].” 

La lezione si presta bene unicamente rispetto all’obiettivo di trasferire schemi, vocabolari, modelli e concetti, prima, durante o dopo un training program, ma non è assolutamente da confondere con la totalità di un training program – da considerare come azione olistica ed esperienziale, ed ancora meno è assimilabile ad un Deep Coaching, un coaching che vada veramente in profondità. 

Agire sui "saperi" tramite il Modello XY e gli obiettivi di apprendimento

Il limite insito nel procedimento della lezione risiede nel ruolo di ascoltatore passivo in cui sono relegati i discenti, limite che facilmente si ripercuote sul loro apprendimento. Come sottolinea Castagna (2003)

“Scarsa memorizzazione dei concetti e rapida caduta del livello di attenzione, derivanti dalla fatica insita nell’ascoltare, sono solo alcuni dei rischi in cui incorre lo spettatore passivo che assiste ad una lezione[2].”

Anche Knowles (2002) fa notare che:

“Coloro che escono dal nostro sistema scolastico non sanno come apprendere, sanno solo come ricevere un insegnamento.” [3]

La tassonomia di Bloom sugli Educational Objectives (obiettivi di apprendimento):

Se vogliamo trasmettere dei saperi, dobbiamo almeno chiederci quale uso desideriamo si faccia degli stessi. Può essere utile tornare qui sulla tassonomia di Bloom[4] sugli Educational Objectives relativa a sei livelli di apprendimento:

  1. remember, recall & knowledge: ricordo, conoscenza dei concetti;
  2. comprehension, understanding: capire veramente il tema;
  3. application: saper applicare il tema o modello ad un problema;
  4. analysis: saper analizzare usando il tema o modello studiato;
  5. synthesis: sintetizzare, saper creare e progettare facendo uso dei concetti appresi e dei modelli dimostrando capacità di sintesi;
  6. evaluation: saper valutare facendo uso dei concetti e modelli appresi.
La Tassonomia di Bloom

Come si nota, le fasi superiori, per concretizzarsi, richiedono una “scalata” dal basso verso l’alto, verso capacità autonome.

Secondo Bloom, definire gli obiettivi o goals formativi in termini di capacità comportamentali aiuta a fissarli meglio[5].

Da questa riflessione sono nate molte applicazioni successive che collegano ogni fase a verbi d’azione che possono essere utilizzati come target di apprendimento. Un primo esempio viene da Huitt[6]:


Target di apprendimento - Huitt

Da questo lavoro di ricerca estrapoliamo il seguente principio del Deep Coaching:

Principio 6: Progressione dei livelli di conoscenza e Modelli di Crescita nel Deep Coaching

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

  1. remember, recall & knowledge: ricordo, conoscenza dei concetti; riuscire a ricordare le variabili chiave di un modello di sviluppo che si intende usare;
  2. comprehension, understanding: capire veramente il tema; capire veramente il cuore e il senso del modello;
  3. application: saper applicare il tema o modello ad un problema;
  4. analysis: saper analizzare un obiettivo o problema usando il tema o modello studiato;
  5. synthesis: sintetizzare, saper sintetizzare le variabili chiave, saper creare e progettare facendo uso dei concetti fondamentali appresi nel modello;
  6. evaluation: saper compiere valutazioni, di persone, aziende o obiettivi e problemi, facendo uso dei concetti appresi nel modello.

Se non compiamo questa scalata che parte dalla conoscenza concettuale fino ad arrivare ad utilizzare pienamente un modello, potremmo dire di avere solo un’effimera illusione di conoscenze, e non conoscenze vere.


[1] Castagna; M (2003). “Role playing, autocasi ed esercitazioni psicosociali” Franco Angeli, Milano, p.16.

[2] Castagna, M (2003). “Progettare la formazione. Guida metodologica per la progettazione del lavoro in aula” Franco Angeli, Milano, p. 46.

[3] Knowles, M (2002). “Quando l’adulto impara: pedagogia e andragogia” Franco Angeli, Milano.

[4] Bloom Benjamin S. and David R. Krathwohl. Taxonomy of Educational Objectives (1956). The Classification of Educational Goals, by a committee of college and university examinersHandbook I: Cognitive Domain. New York, Longmans, Green.
Bloom S. Benjamin (1984). Taxonomy of educational objectives. Allyn and Bacon, Boston, MA. Pearson Education. 

[5] Bloom, Robert S., Stating Educational Objectives in Behavioral Terms, Nursing Forum 14(1), 1975, 31-42. 

[6] Huitt, W. (2004). Bloom et al.’s taxonomy of the cognitive domain. Educational Psychology Interactive. Valdosta, GA: Valdosta State University. Retrieved [16-aug-06], from http://chiron.valdosta.edu/whuitt/col/cogsys/bloom.html

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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I Catalizzatori Formativi, l’insufficienza dei saperi e i momenti della verità

Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

I Catalizzatori Formativi:

Nel metodo HPM, il formatore/consulente o coach non deve mai dare per scontato che per ottenere cambiamento su una leva sia sufficiente toccare quella singola leva. In sostanza:

  • per agire sui Saperi non è sufficiente lavorare sui Saperi;
  • per agire sul Saper Fare non è sufficiente lavorare sul Saper Fare;
  • per agire sul Saper Essere non è sufficiente lavorare sul Saper Essere.

Lo spirito di riuscita è parte del Metodo HPM così come lo spirito di rinuncia non ne fa parte ed anzi è qualcosa da cui stare alla larga.


Non rinunciare a provare a fare ciò
che vuoi veramente fare. 
Dove c’è amore e ispirazione,
non credo che si possa sbagliare.

Ella Fitzgerald

Per tentare nuove strade della vita e progetti in cui riversare amore e ispirazione dobbiamo mettere in sinergia diversi campi di forze e diverse “sostanze”.

Nel campo della chimica è noto il fenomeno per cui due sostanze, semplicemente mescolate tra di loro, possono non legarsi affatto e rimanere divise. Se prendi delle palline di ferro e le metti in un bicchiere il ferro non si scioglierà nell’acqua, ma rimarrà sotto forma di palline. Se versi una pastiglia di aspirina nel bicchiere invece questa si scioglierà e avrai ottenuto un liquido diverso dalla semplice acqua.

Perché le strutture delle diverse molecole si leghino tra di loro profondamente è necessaria la presenza di un catalizzatore. La Catalisi è quindi il fenomeno per cui alcune reazioni chimiche vengono accelerate (catalisi positiva) o ritardate (catalisi negativa) dalla presenza di alcune sostanze, i catalizzatori.

Lo stesso accade nella formazione e nel cambiamento. Se prendiamo la “sostanza umana”, l’essere umano, e vi aggiungiamo nuovi concetti per “mere exposure” (semplice esposizione), il soggetto non li farà mai veramente propri. 

La nostra esperienza ci porta alla consapevolezza della necessità di utilizzare i catalizzatori positivi (es. l’azione concreta in cui sia necessario utilizzare veramente i nuovi concetti), così come di rimuovere i catalizzatori negativi dal processo formativo.

I Catalizzatori Formativi, l'insufficienza dei saperi e i momenti della verità

L’insufficienza dei saperi:

Per incrementare i Saperi non è sufficiente un ascolto one-way o una pura esposizione (mere exposure), per prolungata che sia, ma è necessario utilizzare catalizzatori formativi – ad esempio l’azione su progetti e il problem solving che richiedano di mettere sul campo i nuovi saperi. 

Ad esempio, un preparatore sportivo sta studiando i principi dell’integrazione alimentare, frequenta seminari sugli integratori, legge libri e riviste da anni, ma tutto “scorre” nozionisticamente senza entrare veramente nel patrimonio di abilità personali.

Solo nel momento in cui egli debba preparare un piano di integrazione per uno sportivo potrà veramente mettere “a sistema” i suoi saperi, e scoprire le sue lacune. Nel momento in cui la realtà ci pone di fronte ad un problema che ci obbliga a “sapere”, il sapere diventa urgente e indispensabile. 

Lo stesso discorso vale per il lavoro sulle competenze e saperi manageriali. Possiamo leggere cento libri sulla comunicazione che ci parlano degli “stili comunicativi”, e scoprire che ne esistono tanti, esempio:

  • Poetico
  • Empatico
  • Assertivo
  • Ottimista
  • Pessimista
  • Ingegneristico
  • Anglofono

…e ogni altro stile praticabile. Finché lo leggiamo, sarà solo un vago concetto. Quando invece con tecniche di “active training” qualcuno ce li farà interpretare, ce li farà provare ed allenare, per quanto sia lo sforzo di cambiare stile comunicativo, allora e solo allora il concetto si farà strada in noi e inizierà a passare da un vago “sapere” ad un più concreto “saper fare” e “saper essere”.

Per cambiare davvero e assimilare il nuovo bisogna provare, bisogna sperimentare, bisogna agire, bisogna mettere in conto di fallire, di essere goffi, di apprendere per prova ed errore, fino a raggiungere l’eccellenza.

Sbagliare, in questo metodo, non è veramente sbagliare, ma un passo in più verso il successo.

L’arte di vincere la si impara nella sconfitta.

Simon Bolivar

Test di realtà, reality check, momenti della verità:

Credere di potere è essere già a metà strada.

Theodore Roosevelt

I test di realtà (reality check) sono una tecnica di coaching e formativa sviluppata nel metodo HPM, con la quale si cerca di osservare i comportamenti sul campo di una persona o di un’azienda, in condizioni reali, per acuire la consapevolezza dello stato di cose reale.

Questo vale anche per testare i propri personali comportamenti in prove di verifica dei livelli di competenza ed abilità raggiunti, e fare il punto di un percorso di Deep Coaching.

Un reality check può essere svolto anche per via telefonica per testare la qualità del servizio di un’azienda o di un operatore, o tramite canali digitali o ancora tramite canali interpersonali.

Cosa andiamo ad osservare in un reality check? Questo è un esempio di livelli di analisi per valutare la qualità di un servizio di customer service telefonico:

Reality check applicato alla qualità del servizio telefonico di un contact center con specifica attenzione alle capacità di ascolto.

  1. Cosa voglio (per che motivo sto attivando un contatto)?
  2. Chi contatto?
  3. Attraverso quale canale?
  4. Cosa capiscono di quello che mi serve veramente?
  5. Come ascoltano o come sanno ascoltarmi?
  6. Quanto capiscono?
  7. Come si comportano?
  8. Che principi guida latenti usano?
  9. Da cosa si evince?
  10. Come si sarebbero dovuti comportare?
  11. Che dissonanze emergono?

Un approccio simile è esistente da tempo nel marketing, ad esempio sotto forma di ghost customer technique, dove vengono svolti acquisti reali presso aziende concorrenti, per misurarne la performance, la capacità di servizio e la qualità relazionale. L’applicazione con finalità formative e di coaching si deve (per quanto di nostra conoscenza) a nostre sperimentazioni.

Ad esempio, in un modulo formativo o di coaching dedicato al tema dell’ascolto ed empatia, si può procedere con dei reality check telefonando a concessionarie d’auto per verificare con quanta attenzione i venditori ascoltino i nostri bisogni, o se li ascoltino affatto. Si può verificare se ci offrono una prova di guida, se ci tengono ad avere i nostri dati per richiamarci in caso di bisogno, e tanto altro. 

Dopo una serie di telefonate dove si sarà constatato con mano che le persone non sanno ascoltare o non sono formate ad ascoltare, l’urgenza di un lavoro sull’ascolto aumenta molto. E soprattutto, nasce da una sperimentazione concreta avuta dagli allievi, e non solo da un concetto teoricamente esposto come possibile dal coach o formatore.

L’applicazione che ne realizziamo a fini formativi ha dato eccellenti riscontri in termini di apertura al cambiamento del partecipante all’evento formativo. 

reality check possono essere sia rivolti a sé stessi (es: cercare di risolvere un problema), sia sulla propria organizzazione (vedere come essa risponde, come le singole persone rispondono) o su altri (realizzando un apprendimento che deriva dall’osservazione mirata di comportamenti altrui).

Grazie agli auto-test di realtà (vedere se si è in grado di risolvere un problema reale), posso scoprire qualcosa di me, posso “sapere di non sapere”. Ad esempio, se voglio diventare un preparatore atletico, grazie al test di realtà prendo consapevolezza di avere molta conoscenza teorica sui singoli integratori nutrizionali, ma di non avere ben chiaro come funzioni la relazione tra diversi integratori, la sinergia tra sostanze, cioè se rischio di mandare il mio cliente all’ospedale con un’intossicazione associando diverse sostanze tra di loro.

Posso anche scoprire di sapere molto su quali integratori siano utili per uno sport di potenza, ma la realtà può mettermi di fronte un atleta di karate che abbisogna di velocità esplosiva e non di molta massa muscolare, e questo può mettere in crisi la mia presunzione iniziale di conoscenza.

Ecco, quindi, che solo dopo avere affrontato molti casi in cui devo mettere alla prova e rivedere le mie conoscenze potrò dire di possedere veramente le nozioni (i Saperi) sugli integratori. Senza il passaggio sul “saper fare” questo non sarebbe stato possibile. E l’esempio degli integratori per un preparatore atletico è solo un esempio, lo stesso principio si potrebbe applicare ad un problema manageriale, o di leadership, o di comunicazione, e a qualsiasi altro obiettivo.

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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Comunicazione Aziendale
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Pubblicazioni e libri dott. Daniele Trevisani (Books published)
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Cristina Turconi
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Saperi, Saper Essere, Saper Fare: i tre obiettivi di ogni azione di formazione attiva e del Deep Coaching

Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

Se pensi di aspettare il “momento giusto” per la tua crescita personale e per la tua formazione, sappi che il momento assolutamente perfetto non arriverà mai, e il momento giusto è adesso.

Procrastinare, nel senso di posticipare, fa male, ma posticipare la propria formazione fa ancora più male.

Non aspettare. Non sarà mai il momento giusto.

Napoleon Hill

Vediamo quindi di approfondire di cosa si parla quando si vuole fare formazione esperienziale e Deep Coaching in modo serio.

Una divisione classica degli obiettivi formativi distingue tra:

  • Saperi: teorie, terminologie, conoscenze, elementi culturali e saperi tecnici da acquisire;
  • Saper Fare: le classiche “skills” o competenze pratiche;
  • Saper Essere: gli atteggiamenti, i comportamenti interpersonali, i sistemi di credenze, i valori di fondo che adottiamo, e le priorità generate dal “modo di essere”.

Nel mondo anglofono, si riferisce spesso lo stesso concetto come “triangle” of attitudes, skills and knowledge (triangolazione tra atteggiamenti, capacità e conoscenza). La derivazione di questa tipologia può essere ricercata soprattutto negli studi di Bloom degli anni ‘50, che distingue tre diversi domini di apprendimento[1]:

  • cognitive – cognitivo (il conoscere);
  • affective – affettivo (atteggiamenti, sentimenti);
  • psychomotor – psicomotorio (relativo al fare).

Negli studi di Bloom, tali categorie vengono ulteriormente sub-analizzate, con individuazione di ulteriori sotto-domini e sotto-variabili, di estremo interesse (rimandiamo il lettore all’opera originale per ulteriori approfondimenti). 

Nel metodo HPM, non volendo e potendo in questa sede fare uno studio storico retrospettivo, ci proponiamo di concentrarci su un utilizzo delle categorie il più operativo possibile. Per ciascuno di questi elementi proponiamo come necessario calcolare un obiettivo formativo o di coaching specifico, o appurare se sia o meno intenzione del cliente agire su di esso.

Integrazione 3 Saperi con modello X Y

Principio 4 – Situation Analysis e Goals Analysis:

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

Buona focalizzazione delle:

  • conoscenze in ingresso;
  • abilità in ingresso;
  • atteggiamenti preesistenti.

Buona focalizzazione di:

  • conoscenze in uscita e conoscenze attese;
  • abilità in uscita e abilità attese:
  • atteggiamenti in uscita e cambiamenti attesi negli atteggiamenti.

Dobbiamo ora realizzare un passaggio delicato: integrare il modello X-Y e quello dei 3S con il modello HPM che fa da sfondo ad ogni azione di coaching in profondità e di formazione.

Integrazione di modelli diversi come strada maestra per un metodo di coaching olistico

Integrazione di modelli diversi come strada maestra per un metodo di coaching olistico

Dare corpo ad un metodo integrato e olistico è l’obiettivo del sistema HPM.

Il metodo HPM è un metodo olistico che spinge la persona verso l’osare incursioni in nuovi territori del sapere, del saper essere, del saper fare, consapevoli che nessun successo è facile ma richiede anzi prova ed errore.

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

La sigla HPM comprende il senso del “dare forma”, costruire o modellare (Modeling), ma anche produrre impulso e stimolazione positiva. 

Si applica, a seconda degli scopi sottostanti, al fronte del potenziale umano (Human Potential Modeling), o al lato della prestazione umana (Human Performance Modeling)[2].
I due lati della medaglia sono corrispondenti, in quanto l’accesso al proprio potenziale è la base sia per il benessere che per prestazioni efficaci quando serve. 

Il principio fondamentale risponde al bisogno primario di ogni persona di liberare e crescere le risorse individuali, essere sé stessi al massimo livello possibile, accedendo a nuovi livelli di benessere, autorealizzazione, e pienezza della vita. 

In ultimo, si tratta di un viaggio verso la libertà.
La libertà della tua mente.
La libertà del tuo spirito, che mai nessuna gabbia potrà racchiudere.

Nel Metodo HPM è previsto ampio spazio per le tecniche di training mentale e di rilassamento, con una moltitudine di approcci ed esercizi, e tuttavia il principio di fondo di “tenere duro” nel proprio tendere alla crescita personale è presente e forte.

Ci sono due regole nella vita:
1. Non mollare mai;
2. Non dimenticare mai la regola n° 1.

Duke Ellington

Possiamo fare un grande sforzo di integrazione fra modelli diversi per arrivare ad un coaching veramente olistico e ad una formazione veramente profonda ed olistica.

Per ciascuna delle sei celle del modello HPM, dobbiamo chiederci che cambiamenti vorremmo produrre, “da dove a dove” vorremmo portare la persona, e questo sia sui saperi (conoscenze), sui saper fare (competenze) e sugli atteggiamenti e valori (saper essere).

Principio 5 – Integrazione tra modelli per il Deep Coaching (Metodo HPM):

Il cambiamento positivo viene favorito dai seguenti fattori:

  1. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie fisiche (bioenergetiche). 
  2. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching sulle energie mentali (psicoenergetica),
  3. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle micro-competenze in grado di fare la differenza (micro-skills).
  4. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching delle macro-competenze e macro-skills.
  5. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Progettualità e capacità di fissare obiettivi da concretizzare.
  6. Focalizzazione corretta del bisogno di cambiamento (da X stato attuale a Y stato di arrivo atteso, sia sul piano dei Saperi che del Saper Fare e del Saper Essere) nell’intervento di Coaching della Spiritualità, evoluzione della missione e visione, dei valori e del Life Purpose (scopo di vita).
  7. Corretta integrazione tra i vari livelli di intervento sulle varie celle, con una regia olistica del timing e del processo di formazione e di Deep Coaching.
  8. Per ciascuna variabile, localizzazione e pulizia del quadro di analisi da letture e diagnosi errate della situazione attuale (False X), da falsi obiettivi o obiettivi distorti (False Y), e da strumenti sbagliati per raggiungere lo scopo (False Z).

La visualizzazione grafica di questo lavoro di integrazione è presentata nel modello seguente:

Figura 5 - Rappresentazione schematica Modello Deep Coaching

Figura 6 - Rappresentazione schematica Modello Deep Coaching con false x e false z

[1] Bloom, B.S.(Ed.) (1956-1964). Taxonomy of Educational Objectives. New York: David McKay Company Inc.

[2] In altre parole, la declinazione della sigla HPM può riguardare sia il tema del dare impulso e forma (Modeling) al potenziale non competitivo delle persone (Human Potential Modeling), sia il lato competitivo, la prestazione, il fronte agonistico (Human Performance Modeling).

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

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Temi e Keywords dell’articolo:

  • Atteggiamenti
  • Autoefficacia
  • Benessere
  • Coaching
  • Coaching olistico
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  • Formazione
  • Formazione esperienziale
  • Liberare il potenziale
  • Miglioramento personale
  • Motivazione
  • Perseveranza
  • Progettualità
  • Skills
  • Spiritualità

Interazione tra le diverse dimensioni ad effetto “contagio positivo”

Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

“Il pessimismo non ha mai vinto nessuna battaglia.”

Dwight Eisenhower

Le quattro caratteristiche del Capitale Psicologico interagiscono le une con le altre. Quando una persona ha speranza è maggiormente disposta a mettere in campo progetti e iniziative con ottimismo, conta sulla sua efficacia personale come risorsa su cui fare leva, e sa fronteggiare le avversità riprendendosi anche dopo insuccessi e fallimenti con rinnovata speranza, ottimismo ed efficacia.

Ma non solo. Esiste un effetto “contagio” di queste quattro dimensioni sia all’interno dell’azienda, dove le persone con elevato Capitale Psicologico sono in grado di immettere energie positive nei team a cui partecipano, sia verso il cliente, che percepisce l’ottimismo, l’energia e il senso di efficacia e volontà del venditore innalzando le proprie intenzioni di acquisto. Le performance complessive, quindi subiscono un forte impulso dall’immissione di Capitale Psicologico in azienda e in ogni persona possibile ad ogni livello.

Le ricerche dimostrano che un intervento di formazione sul Capitale Psicologico (PCI – Psychological Capital Intervention) è possibile e ha effetti netti e positivi sulle performance[1]. Le tecniche principali usate sono specifiche per ogni area, e si va dalle visualizzazioni guidate di sé stessi mentre si raggiunge un obiettivo, alla rivisitazione di successi passati, fino alla disaggregazione di un obiettivo in steps micro, misurabili e concretamente realizzabili. Il training e il coaching sul PCI può avvalersi di una innumerevole serie di tecniche per le quali rimandiamo a contatti diretti con l’autore[2].

Parlando di Business Coaching, l’impatto positivo dello PsyCap si ritrova nella riduzione dell’assenteismo, nel maggiore impegno (commitment) e nell’atteggiamento positivo verso il mercato e verso i clienti, sino alle migliori relazioni interne nei gruppi di lavoro e tra capi e collaboratori. L’effetto di contagio positivo avviene anche tra leader e collaboratori. Un collaboratore che ha a che fare con un leader dotato di alti livelli di PsyCap diventa generalmente più ottimista, più fiducioso nelle proprie risorse e nella possibilità di farcela, e meno preoccupato delle cadute in quanto sa che si potrà rialzare e potrà ripartire come o meglio di prima. Questo effetto a discesa della positività dall’alto verso il basso della gerarchia organizzativa è chiamato Downstream Effect.

Altri studi addirittura arrivano a dimostrare la presenza di un “effetto contagio positivo” a distanza, in azienda multinazionali ove i contatti possono essere anche e soprattutto digitali. Ebbene anche in questi contesti si è trovato che i leader globali di un’impresa con PsyCap positivo hanno un effetto contagio positivo sui propri collaboratori nel mondo[3].

Rich (1999)[4] ha trovato che i direttori di vendita possono incrementare l’ottimismo attraverso un supporto individualizzato, che nella nostra esperienza si traduce nel fare ricorso a sessioni di coaching e di mentoring. Per questo motivo, è bene che i leader e i direttori di qualsiasi tipo di team aziendale o sportivo imparino le tecniche del coaching e del mentoring e le applichino ai propri collaboratori per incrementare le performance e il benessere. 

Lo PsyCap è collegato direttamente al benessere generale dell’individuo[5], e quando una persona sta bene, il lavoro non può che riceverne benefici.

Una leadership autentica e autorevole è quindi uno degli scopi di ogni tipo di Deep Coaching.

Rivolgi il viso verso il Sole e le ombre cadranno alle tue spalle”

Proverbio Maori

Principio 3 – Sostegno e potenziamento del Capitale Psicologico (PsyCap):

Il cambiamento positivo viene favorito dall’incremento del Capitale Psicologico (PsyCap) della persona e del team, individuato dai seguenti fattori:

  1. incremento dei livelli di Hope (Speranza). La Speranza attiva e non passiva è caratterizzata dal potere della volontà (Willpower), dal potere di individuare strade per il successo personale o di un progetto (Waypower), e da un atteggiamento proattivo e non solo attendistico, nel quale si sviluppano progetti in modo attivo, concreto;
  2. incremento dei livelli di Efficacy (Efficacia e Autoefficacia). Capacità di lavorare sulle proprie risorse personali e incrementarle (saperi, saper essere, saper fare);
  3. incremento dei livelli di Resilience (Resilienza). Capacità di andare oltre le fasi negative o gli insuccessi e rimanere ancorati ai propri valori e visioni, perseverando nell’impegno con fiducia;
  4. incremento dei livelli di Optimism (Ottimismo). L’ottimismo attivo prevede la ricerca di campi di espressione personale sapendo attivare emozioni positive, motivazione e realismo;
  5. sinergie tra i diversi livelli dello PsyCap, tali che un intervento su un livello porti benefici anche ad altri livelli e ad altre persone (effetto di contagio positivo).

[1] Silvia Dello Russo, Psychological Capital Intervention (PCI): A Replication and Extension. September 2015 Human Resource Development Quarterly 26(3):329-347

[2] vedi form di contatto presso il sito www.studiotrevisani.it

[3] Story, Joana S. P.; Youssef-Morgan, Carolyn M.; Luthans, Fred; Barbuto, John E. Jr.; and Bovaird, James A., “Contagion effect of global leaders’ positive psychological capital on followers: Does distance and quality of relationship matter?” (2015). Management Department Faculty Publications. 141. University of Nebraska-Lincoln.

[4] Rich, Gregory A. (1999), “Salesperson Optimism: Can Sales Managers Enhance It and So What If They Do?” Journal of Marketing Theory & Practice, 7 (1), 53–6

[5] Wang, H., Sui, Y., Luthans, F., Wang, D., & Wu, Y. (2014). Impact of authentic leadership on performance: Role of followers’ positive psychological capital and relational processes. Journal of Organizational Behavior, 35, 5–21. https://doi.org/10.1002/ job.1850

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  • Liberare il potenziale
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  • Ottimismo
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  • Perseveranza
  • Progettualità
  • Resilienza
  • Speranza
  • Spiritualità

Il Modello H.E.R.O e il capitale psicologico

Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

La sigla H.E.R.O viene utilizzata per ricordare più facilmente le quattro componenti (Hope, Efficacy, Resilience, Optimism), che andiamo ad esaminare con maggiore dettaglio.

  1. Hope – Speranza. Il potere della volontà e della determinazione

“Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore, piccola saggina sulla sponda del ruscello. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio.
Se non puoi essere un’autostrada, sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole, sii una stella.
Sii sempre il meglio di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere. 
Poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita.”

Martin Luther King

La speranza si esprime nell’abilità di trovare degli scopi nobili da perseguire, fissare dei goal, automotivarsi nel raggiungere quei goals, e nell’abilità di determinare soluzioni alternative per raggiungere quei goal. La speranza esprime il potere della volontà (Willpower) e il potere di cercare strade alternative per portare avanti la propria volontà (Waypower).

Ad esempio, nel mondo della vendita, le persone con livello di speranza elevato sono migliori e più capaci nell’inquadrare vie multiple al successo della vendita e conseguire i propri goals in numerose situazioni. Ad esempio, quando le persone con alti livelli di speranza stanno eseguendo una determinata linea di azione finalizzata ad una vendita, o implementano una strategia di vendita e il loro percorso ha dei blocchi, essi mostrano la capacità di lanciarsi in vie d’azione alternative e continuare a perseguire il goal.

In ogni campo della vita e del lavoro, le persone che hanno speranza pensano sempre che ci sia una possibile via per raggiungere un certo scopo e non si scoraggiano, potendo contare sull’energia di una fede interiore nella capacità di avere successo o raggiungere un obiettivo nonostante le difficoltà.

2. Efficacy – Efficacia. La capacità di accettare sfide

“Nulla può impedire all’uomo con il giusto atteggiamento mentale di raggiungere il proprio obiettivo; nulla sulla terra può aiutare l’uomo con l’atteggiamento mentale sbagliato.

Thomas Jefferson

L’efficacia dal punto di vista del capitale psicologico rappresenta una credenza positiva nelle proprie abilità di accettare le sfide e perseguire lo sforzo necessario per avere successo (Luthans, Youssef, e Avolio 2007)[1] 

L’efficacia diventa la convinzione della persona, la sicurezza nelle sue abilità di mobilizzare la motivazione, le risorse mentali, e portarle entro corsi di azione necessari ad eseguire con successo un compito specifico entro un dato contesto.

Le persone efficaci hanno maggiore fiducia nelle lor attività, e di conseguenza diventano più persistenti e più capaci nell’impegnarsi in attività dirette ad un fine (Bandura 1986)[2]. La fiducia in sé diventa fiducia nelle proprie capacità e questo assume la forma di un circolo virtuoso in cui la persona non demorde e continua a perseverare sapendo di poter raggiungere un risultato. La persona con un alto livello di autoefficacia accetta anche grandi sfide, certa di avere le probabilità di successo o almeno di poterlo tentare con buona probabilità di successo. La persona efficace non solo accetta la sfida ma impegna il tempo e lo sforzo necessario per ottenere i propri goals.

3. Resilience – Resilienza. La capacità di rialzarsi

Il mondo ci spezza tutti quanti,
ma solo alcuni diventano più forti là dove sono stati spezzati.

Ernest Hemingway

La resilienza fa la differenza tra le persone che recuperano morale e volontà dopo un’avversità, e quelli che ne rimangono devastati a schiacciati (Block e Kremen 1996)[3]. La resilienza permette agli individui di “rimbalzare” positivamente e velocemente da uno o più eventi negativi (Masten 2001)[4].

La resilienza è una risorsa reattiva definita come la capacità psicologica di rialzarsi, di “rimbalzare in avanti” da una avversità, ritrovare la strada dopo una fase di incertezza, un conflitto, un fallimento, accompagnata anche da cambiamenti positivi, apprendimenti, progressi e nuove responsabilità.

Le persone con alto grado di resilienza recuperano livelli psicologici eguali o addirittura superiori ai livelli precedenti l’omeostasi, andando spesso anche oltre la condizione di partenza. Le persone intraprendono il viaggio positivo verso la resilienza ogni volta che riescono a recuperare da una situazione negativa, potenziando il proprio carattere e le proprie risorse psicologiche, dando il via ad una spirale di crescita positiva. 

Nella vita, la resilienza è fondamentale perché la vita stessa di chi si pone obiettivi ambiziosi è connotata per definizione da alti tassi di fallimento o rifiuto e il ruolo di chi prende questa via pone grandi sfide e aspettative di successo che non sempre si avverano. Senza resilienza, non sarebbe possibile avanzare nonostante le difficoltà e superarle, andare oltre e ripartire con volontà e determinazione sempre nuove.

Per quanto vivrai, continua a imparare a vivere.

Lucio Anneo

4. Optimism – Ottimismo. Creare ciò che si può fare e non fermarsi a ciò che non si può fare

“Possiamo lamentarci perché le rose hanno le spine,
oppure gioire perché le spine hanno le rose.”

Alphonse Karr

La quarta componente delle PsyCap è l’ottimismo, che rappresenta una visione positiva dei risultati, include emozioni positive, motivazione e realismo. 

Come osservato da Carver e Scheier (2002)[5], la differenza tra persone ottimiste e persone pessimiste non è triviale, in quando gli ottimisti differiscono nettamente nei loro approcci ai problemi e alle sfide e nelle modalità di adattarsi alle avversità.

Chi è ottimista, se non ha opportunità cerca di crearsele, se non ha una competenza si adopera per apprenderla, se non ha le conoscenze che gli servirebbero per avere successo le studia. Lo stesso vale per le relazioni umane. L’ottimismo ragionevole è una delle doti umane più nobili e rare.

“Non troverai mai un arcobaleno, se guardi in basso.”

Charlie Chaplin

[1] Luthans Fred, Carolyn M. Youssef, and Bruce J. Avolio (2007), Psychological Capital: Developing the Human Competitive Edge, New York: Oxford University Press.

[2] Bandura, Albert (1986), Social Foundations of Thought and Action: A Social Cognitive Theory, Englewood Cliffs: Prentice-Hall.

[3] Block, Jack, and Adam M. Kremen (1996), “IQ and Ego-Resiliency: Conceptual and Empirical Connections and Separateness,” Journal of Personality and Social Psychology, 70 (2), 349–361.

[4] Masten, Ann S. (2001), “Ordinary Magic: Resilience Processes in Development,” American Psychologist, 56 (3), 227–239.

[5] Carver, Charles S., and Michael F. Scheier (2002), “Optimism,” in Handbook of Positive Psychology, C. R. Snyder, and S. J. Lopez, eds., New York: Oxford University Press, 231–243.

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  • Energie psicologiche
  • Entusiasmo
  • Liberare il potenziale
  • Miglioramento personale
  • Motivazione
  • Ottimismo
  • Psicologia positiva
  • Perseveranza
  • Progettualità
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Il Deep Coaching e il suo effetto sul Capitale Psicologico (PsyCap)

Articolo estratto dal testo “Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in profondità e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

Il concetto di Capitale Psicologico:

Il Capitale Psicologico (in Inglese PsyCap, Psychological Capital) è un concetto di estrema importanza per tutto il mondo della crescita personale e del management che diventa determinante anche e soprattutto per fare Deep Coaching.

Il capitale psicologico è definito come “uno stato di sviluppo psicologico positivo” caratterizzato da: 

  • avere fiducia (auto-efficacia) nel mettere in campo lo sforzo necessario per avere successo in compiti sfidanti, 
  • realizzare attribuzioni positive (ottimismo) sulle possibilità di successo ora e nel futuro, 
  • perseverare verso gli obiettivi (speranza), e, quando necessario, ridirezionare il percorso verso gli obiettivi, 
  • quando si incontrano cadute e avversità, sostenerli e rialzarsi (resilienza) per ridirezionarsi verso il successo“[1]

I quattro fattori primari sono quindi:

  • autoefficacia (Self Efficacy)
  • ottimismo (Optimism)
  • speranza (Hope)
  • resilienza (Resilience).
Il Modello PsyCa

Quando parliamo di Capitale Psicologico e sue componenti, non dobbiamo considerarlo come qualcosa di astratto, ma di molto concreto.

Per incrementare il proprio Capitale Psicologico occorre un allenamento quotidiano e un fare concreto

L’artista è nulla senza il talento, ma il talento è nulla senza lavoro 

Emile Zola

Il fattore Hope (speranza) è qualcosa di pratico, non è da confondere con una vaga o illusoria speranza che le cose migliorino o andranno bene. È costituito invece da una “speranza attiva” che si compone di determinazione, pianificazione (planning), volontà e potere della volontà (Willpower) e dalla volontà di cercare strade efficaci per arrivare ai propri scopi (Waypower).

Il fattore Efficacy è altrettanto concreto e comprende sia la chiara percezione di quali sono i progetti e le sfide per le quali possiamo dimostrare efficacia (autoefficacia, Self-Efficacy), che il fattore entusiasmo, un ingrediente fondamentale per la riuscita di qualsiasi progetto o volontà.

Il fattore Resilience (resilienza) è altrettanto un concetto attivo. Non è da confondere con un vago concetto di “forza d’animo” ma con un concretissimo sapersi risollevare dopo un fallimento o dopo che qualcosa ci ha ostacolato, unito alla perseveranza nel fare. Si compone di perseveranza, costanza, continuità, saper essere continuativi nella nostra azione anche a fronte di difficoltà, saper trovare strade alternative per il successo o linee d’azione alternative dopo che una certa azione non si è dimostrata efficace, e saper considerare ogni caduta o fallimento come qualcosa di temporaneo e sul quale possiamo risollevarci e imparare, per progredire con ancora maggiore efficacia.

Il fattore Optimism (ottimismo) è anch’esso da intendere come un ottimismo attivo. Comprende la sensazione di poter incidere sul futuro tramite le nostre azioni e le nostre scelte, e un buon livello di Locus of Control. Il Locus of Control è la variabile psicologica che indica quanto una persona è propensa ad assegnare al destino o al fato il proprio stato attuale e futuro (Locus of Control esterno) oppure considerare il proprio stato e il proprio futuro come qualcosa su cui possiamo anche incidere con le nostre scelte, comportamenti e atteggiamenti. (Locus of Control interno).[2]

Il Deep Coaching e il suo effetto sul Capitale Psicologico
oi

Va da sé che una persona con un Locus of Control interno (ma senza scadere nell’ossessività) abbia molta più volontà di agire rispetto a chi ha un Locus of Control completamente esterno.

Se io penso che non valga la pena impegnarsi tanto il destino è già scritto, non mi attiverò mai in niente e sarò solo fatalista. Se invece penso che il mio destino sia anche in parte frutto delle mie scelte, delle mie azioni e comportamenti, di sicuro mi impegnerò nello svolgere progetti concreti, programmi di crescita personale o professionale, e azioni positive.

Questo vale in qualsiasi campo della vita, nello sport, nell’azienda, nella politica e nel campo sociale.

Fai attenzione ai tuoi pensieri, perché diventano parole.
Fai attenzione alle tue parole, perché diventano azioni.
Fai attenzione alle tue azioni, perché diventano abitudini.
Fai attenzione alle tue abitudini, perché diventano il tuo carattere.
Fai attenzione al tuo carattere, perché diventa il tuo destino.

Lao Tze

Il concetto di Capitale Psicologico ha i propri fondamenti scientifici saldamente radicati nella Psicologia Positiva[3], una branca della psicologia che si occupa di come potenziare le risorse psicologiche delle persone anziché occuparsi di curare malattie psicologiche[4]. Come tale, questo tipo di psicologia si presta ad un utilizzo ad ampio spettro nell’impresa e in ogni ruolo, incluso quello del Deep Coaching.

Queste teorie suggeriscono che i quattro fattori citati siano risorse positive che agiscono in modo sinergico e non solo in modo singolo, amplificandosi l’una con l’altra fino a dare vita al massimo potenziale della persona

Possiamo considerare che il potenziale personale di un manager o di un venditore – ma anche di qualsiasi persona – sia dato dalle skills, le competenze o saper fare che la persona possiede, e dal substrato psicologico, caratteriale, morale, e dagli atteggiamenti verso la vita e verso gli obiettivi e le sfide che ciascuno possiede.

In presenza di skills forti e in combinazione con un Capitale Psicologico elevato, il potenziale personale di ogni individuo ne esce enormemente potenziato.

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli


Altri materiali su Comunicazione, Coaching, Formazione, Potenziale Umano, Crescita Personale e Professionale, disponibili in questi siti e link:

Studio Trevisani – Formazione Aziendale blog con aggiornamenti giornalieri
Website Dr. Daniele Trevisani (English)
Comunicazione Aziendale
Intercultural Negotiation (English)

Altre risorse online:

Pubblicazioni e libri dott. Daniele Trevisani (Books published)
Rivista online gratuita di Comunicazione, Potenziale Umano e Management
Canale YouTube
Coaching World Federation (CWF)
Linkedin Profile Dr. Daniele Trevisani


[1] Luthans F. (2002a). The need for and meaning of positive organizational behavior. Journal of Organizational Behavior, 23, 695–706.

Luthans F. (2002b). Positive organizational behavior: Developing and managing psychological
strengths. Academy of Management Executive, 16, 57–72.

Luthans F, Avey JB, Avolio BJ, Norman S, Combs G. (2006). Psychological capital development: Toward a micro-intervention. Journal of Organizational Behavior, 27, 387–393.

Luthans F, Avolio BJ. (2003). Authentic leadership: A positive developmental approach. In Cameron KS, Dutton JE, Quinn RE (Eds.), Positive organizational scholarship (pp. 241–261).
San Francisco: Barrett-Koehler.

Luthans F, Jensen SM. (2002). Hope: A new positive strength for human resource development. Human Resource Development Review, 1, 304–322.

Luthans F, Youssef CM. (2004). Human, social, and now positive psychological capital management. Organizational Dynamics, 33, 143–160.

Luthans F, Youssef CM. (2007). Emerging positive organizational behavior. Journal of Management, 33, 321–349.

Luthans F, Youssef CM, Avolio BJ. (2007). Psychological capital. New York: Oxford University Press.

Luthans, Fred; Avolio, Bruce J.; Avey, James B.; and Norman, Steven M., “Positive Psychological Capital: Measurement and Relationship with Performance and Satisfaction” (2007). Leadership Institute Faculty Publications 11.

[2] Rotter J.B., (1954) Social learning and clinical psychology. New York, Prentice-Hall.

Rotter J.B., (1966) Generalized expectancies for internal versus external control of reinforcement. Psychological Monographs, General and Applied, 80, 1, (N. 609).

Levenson H., (1973) Multidimensional locus of control in psychiatric patients. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 41, 397-404.

Wallston B.S., Wallston K.A., Kaplan G.D., Maides S.A., (1976) The development and validation of the health related locus of control (HLC) scale. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 44, 580-585.

Wallston K.A., Wallston B.S., DeVellis R., (1978) Multidimensional Health Locus of Control (MHLC) Scales. Health Education Monographs, 6, 160-170.

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[3] Seligman, Martin E. P. (1998), Learned Optimism, New York: Pocket Books.

Seligman and Mihaly Csikszentmihalyi (2000), “Positive Psychology,” American Psychologist, 55 (1), 5–14.

Seligman, M. E. P. (2011). Flourish: A new understanding of happiness and well‐ being – and how to achieve them. London, UK: Nicolas Brealey

[4] Lopez, Shane J., and C. R. Snyder, (Eds.) (2009), Handbook of Positive Psychology
New York: Oxford University Press.

Cristina Turconi
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La motivazione di un coaching in profondità (Deep Coaching)

Articolo estratto dal testo “Il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attiva” Copyright FrancoAngeli e dott. Daniele Trevisani.

L’anima libera è rara, ma quando la vedi la riconosci: soprattutto perché provi un senso di benessere, quando gli sei vicino.

Charles Bukovski

La crescita personale assomiglia ad un viaggio compiuto per ritrovarsi, o per scoprire chi siamo davvero, o cosa potremmo essere. Questo vale anche per la crescita professionale. Alla base di tutto vi è la volontà di accedere a nuovi livelli di vita, o a nuovi livelli professionali, e persino a nuovi stati emotivi. Per farlo con successo, tuttavia, serve un modello che ci guidi.

Il modello Deep Coaching, derivazione del Modello HPM (Human Potential Modeling) sviluppato per la crescita del potenziale umano, ha proprio questo scopo.

In particolare, un metodo di crescita personale o professionale deve rispondere ad alcune domande di base:

  1. quali fattori primari prendere in considerazione per liberare il potenziale e di conseguenza le performance?
  2. come si può attivare una buona formazione esperienziale e un coaching in profondità (Deep Coaching) per stimolare la crescita delle energie personali, delle competenze, della progettualità, sino ai valori e alla spiritualità?

Al centro di tutto questo ragionamento c’è la convinzione profonda che umano possa prendere in mano larga parte delle redini del suo destino. Per farlo, occorre fare alcuni cambiamenti radicali, proposti nel Metodo HPM (Human Potential Modeling), che qui trattiamo. Dobbiamo imparare a fare cose che non facevamo prima, come il lavoro bioenergetico sul corpo, il training mentale, e tante altre aree previste nel metodo, e farle diventare abitudini sane e positive per la nostra crescita personale.

Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto.

Nelson Mandela

Se fai tuo questo pensiero, scoprirai che puoi avventurarti in nuove strade della vita, crescere, migliorare e cambiare il tuo modo di pensare, il tuo corpo, il tuo stato mentale e la tua comunicazione e i rapporti con gli altri. Puoi arricchire emotivamente la tua vita. Puoi aiutare gli altri a migliorare a loro volta. Puoi lasciare un segno del tuo passaggio. Puoi dare un contributo alla Civiltà Umana.

Il metodo si interessa sia di chi opera nelle performance di élite (testato in 30 anni di lavoro sul campo nel top management, sport agonistici, ma anche progetti aziendali di alta rilevanza strategica) che della vita quotidiana, e delle azioni di tutti i giorni.

È convinzione diffusa che le performance siano sforzi destinati ad un fine. Vero, ma proviamo per un attimo ad invertire il punto di vista, ed osservare le performance umane come un “termometro”, un indicatore del grado di libertà e di auto-espressione raggiunto.

Questo ci permette di trovare un fine molto più nobile che non siano prestazioni aride e fini a sé stesse: l’elevazione verso livelli di energie, competenze e cause superiori, sia in senso materiale che spirituale.

Il tema dominante di tutto il nostro pensiero va ricentrato, e presto.

Dobbiamo spostarlo dal baratro di banalità in cui il pensiero comune, la televisione, i media commerciali, le letture stupide, e la cultura mediana cercano continuamente di spingerci per non farci pensare.

Dobbiamo cambiare i parametri che usiamo per valutare noi stessi e gli altri. Il conto corrente o la bellezza esteriore sono solo indicatori apparenti, e spesso fuorvianti, di chi sia veramente una persona e di quale sia il suo vero valore.

La motivazione di un coaching in profondità (Deep Coaching)

Dobbiamo liberarci dal cancro mentale che tu sia solo Genetica e tu non abbia alcuna possibilità di influire su ciò che sei, a cosa guardi, verso dove sei diretto, e quindi sul tuo futuro. Dobbiamo iniziare a praticare concretamente la crescita personale e non solo a desiderarla.

Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia. L’audacia reca in sé genialità, magia e forza. Comincia ora.

Johan Wolfgang von Goethe

La tua dote genetica può aver deciso la tua altezza, ma sono nelle tue mani il tuo potenziamento muscolare, la tua flessibilità articolare, o il tuo peso, e persino la tua rapidità di ragionamento, o la liberazione dall’ansia mentale e dallo stress inutile, o da un’immagine di sé improduttiva e dannosa. Sono tutti fattori allenabili e lavorabili con un buon programma di coaching e di training, fatti in profondità.

Nel Deep Coaching dobbiamo mettere al centro la sacralità dell’essere umano e il forte bisogno di non sprecare nemmeno una vita, nemmeno un giorno, nemmeno un minuto, in qualcosa che non sia legato ad una visione positiva, di emancipazione e di crescita.

E, per crescere o reindirizzare il pensiero, le buone intenzioni non sono sufficienti. Serve un metodo che aiuti a canalizzare questo sforzo positivo.

Qualsiasi sia la tua età o condizione, non è mai troppo tardi per iniziare o intensificare un lavoro su te stesso orientato alla tua crescita personale o professionale.

Non si è mai troppo vecchi per fissare un nuovo obiettivo o per sognare un nuovo sogno.

C.S. Lewis

Le sei aree primarie del metodo HPM sono divise in tre macro-categorie: energie, competenze, direzionalità, e queste tre categorie a loro volta sono divise in due aree: soft e hard. Questo dà vita a sei celle di lavoro, sei aree di attività sulla crescita personale che valgono sia per le prestazioni fisiche che per quelle mentali o intellettuali. Ed inoltre, si prestano ad un’analisi delle performance sia individuali che di gruppo.

Vorrei esprimere un concentrato di senso in una frase su cui discutere:

Le performance sono un grande banco di prova per la condizione umana… ci parlano dell’istinto umano a crescere, esplorare nuovi orizzonti, ricercare… capire chi sei… e cosa puoi arrivare a fare.

Daniele Trevisani

Ogni gara o competizione mette in moto i principi delle performance, ogni sfida aziendale, sportiva, o personale, ogni progetto, ci costringe a fare i conti con il nostro stato di preparazione e le nostre energie. Ogni volta che sentiamo la volontà di cambiare e migliorarci, la chiamata verso una vita diversa si fa strada in noi e dobbiamo imparare ad ascoltarla e non a silenziarla. Mai.

Le buone intenzioni valgono poco se non diventano un progetto. E francamente, non è decisivo che un progetto abbia successo o fallisca, perché anche da ogni fallimento possiamo imparare. Possiamo evolvere solo se proviamo e ci avventuriamo in strade nuove.

Sbagli il 100% dei colpi che non spari.

Wayne Gretzky

Il viaggio verso la crescita delle energie umane, fisiche e mentali, è un percorso di esplorazione che deve diventare progetto, un progetto di Deep Coaching.

Ognuno può progredire partendo da qualsiasi stato o condizione.

Una persona depressa o ansiosa può iniziare a vedere una luce, e questo è già progresso, tanto quanto il miglioramento di un record mondiale in qualsiasi sport e disciplina.

Una persona immatura può maturare… chi si sente inadeguato in un lavoro può cambiare, ri-orientarsi, formarsi.

Un’impresa in crisi può generare nuove idee o trovare nuove strade, così come un’impresa vincente può fare da traino a tante startup e diventare fonte di utilità sociale per tutti.

Qualsiasi sia la condizione di partenza, occorre credere in sé stessi, nella possibilità di crescere, di migliorare, di fare dei salti in avanti.

Il progresso personale e professionale avviene solo se ci lavoriamo sopra concretamente. Il miracolo della vita è talmente grande che va celebrato e non sprecato, e come sottolinea Einstein:

Ci sono solo due modi di vivere la propria vita: uno come se niente fosse un miracolo;
l’altro come se tutto fosse un miracolo.

Albert Einstein (citato in Michael J. Gelb, Il Genio che c’è in te)

Ogni volta che alleni il tuo corpo o la tua mente, rendi omaggio al miracolo della vita che ha reso possibile che in quel giorno tu ti sia potuto allenare e formare, mentre altri più sfortunati, non possono.

Ogni giorno che incontri un pensiero buono, ringrazia per l’incontro e fallo tuo.

Per approfondire il Modello Deep Coaching™, il metodo HPM™ per la crescita personale, il coaching in e la formazione attivaqui trovi il link relativo al Libro del Dott. Daniele Trevisani edito da FrancoAngeli

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Partire dal “sentire” il bisogno di libertà personale, nel corpo e nella mente

Estratto dal testo di Daniele Trevisani “Psicologia della libertà. Liberare le potenzialità delle persone”. Roma, Mediterranee. Articolo estratto dal testo e pubblicato con il permesso dell’autore.

Non è tanto “cosa si fa” ma “come lo si fa”, a qualificare il grado di libertà di una persona o di una situazione. Per un pescatore che ama il mare, il suo è lavoro e passione, duro e gratificante, uscire all’alba o alla notte è si faticoso fisicamente ma nutre lo spirito. La stessa persona, in una fabbrica con orari fissi, probabilmente vi morirebbe.

Lo stesso vale per un agricoltore che ama persino sentire l’odore della terra e la annusa, a differenza di un agricoltore-industriale che non sa nemmeno dove sia la sua terra e la sostituirebbe con qualsiasi altro business in base a puri fattori di redditività.

La nostra vita privata, ogni nostro atto, può essere libero o meno in base a come lo interpretiamo. La rivoluzione sessuale del 1968 è stata soprattutto un cambiamento su come viene vissuto un rapporto, non tanto sul cosa si faccia.

Secondo Packard[1], lo psicologo Abraham Maslow, descrivendo i rapporti sessuali delle persone sane che vivono la vita a pieno, afferma che per loro gli incontri sessuali non sono solo un fattore di riproduzione della specie, o un obbligo familiare o religioso, un peccato. In pratica, non sono una questione affatto “grave” o “pesante”. Sono anche e soprattutto un gioco. Egli afferma che questa gente, soddisfatta nella vita sessuale, la vive in modo giocoso, sereno, allegro. In altre parole, la vive nella libertà.

 Quanta distanza dall’oscurantismo medioevale che sottoponeva a torture, al rogo o alla lapidazione chi pratica sesso. E non è finita, in certi luoghi dello spazio-tempo ancora il sesso è visto come il massimo dei peccati, il male dell’umanità. È davvero questo il male dell’umanità? Chi può essere così pazzo da pensarlo? O non è forse opera di un grandissimo impianto di “brainwashing” (lavaggio del cervello) su base sistematica?[2]

Eppure, alcune ideologie ci riescono. Ci riescono persino alcuni guru della formazione, della riprogrammazione mentale, e di tante discipline olistiche o esotiche che ti chiedono di “non fare troppe domande e credere, un giorno capirai, perchè ora, TU non puoi capire”[3].

Partire dal “sentire” il bisogno di libertà personale, nel corpo e nella mente

Allora riflettiamo.
La libertà è qualcosa che puoi veramente sentire
Puoi sentirla a livello mentale. 
La puoi sentire persino a livello fisico. È un fatto sensoriale, inseparabile da te.
La senti nel respiro, la senti nel corpo, la senti negli occhi e nel come ti alzi. 

La mancanza di libertà provoca un sentire altrettanto forte. Il senso di oppressione, il respiro bloccato, gli occhi che cercano luce senza trovarla.
La libertà è la capacità di incidere sul nostro destino. E di crederci. E agire di conseguenza.

A volte la mancanza di libertà invece si zittisce, c’è, ma non la senti più. Un rantolo, come un rumore sordo, ti gira dentro, ti consuma l’anima e la vita, ma non te ne accorgi finché non fa male, davvero male. Allora, cominci a cercarla.

La libertà coincide in larga misura con uno stato profondo di autorealizzazione, è la vera realizzazione del proprio Sè. Allora, libertà diventa lasciarsi essere.
Non è uno stato solo fisico, ma soprattutto mentale, esistenziale. E’ una questione legata al come vivi, più che al cosa possiedi.

La ricerca della libertà è il percorso di un’intera vita. Per alcuni è una ricerca continua che diventa “stile di vita”, e dà senso al vivere stesso. Per altri è solo utopia, un sogno talmente soffocato che viene oramai considerato impossibile, il sogno di un bambino ci vive dentro, e la nostra anima ha bisogno di ascoltarlo.

Quando smettiamo di ascoltare, quando questa amputazione succede, la libertà non viene nemmeno più cercata. Si accetta la non-libertà senza lottare per essa. Si muore da vivi e si vive da morti.

I percorsi di crescita personale sono viaggi nella ricerca della libertà, stimoli per  vite vissute nel pieno delle proprie energie. Stimoli a vivere nelle energie più belle.
E, non bastasse, il più lontano possibile da castrazioni e amputazioni. 
I sogni e progetti di cui siamo portatori possono spegnersi o ardere in base a come li sapremo alimentare e nutrire, ogni giorno.

Molti dicono “libertà è fare ciò che ci piace”, ma è oramai assoldato che ciò che ci piace è frutto di un programma di addestramento cui siamo stati sottoposti dalla nascita. E non sempre quel programma era buono o è tuttora buono.

Dal primo respiro in avanti, siamo esseri che abitano in un Acquario Comunicativo, e vivono di una Dieta Comunicazionale non scelta, almeno non nei primi anni. Chi ci ha voluto bene ci ha provato, ma non è stato facile nemmeno per loro, per cui non lanciamo colpe e anatemi, e guardiamo a ciò che noi, qui ed ora, possiamo invece fare.

Nella vita adulta la nostra dieta comunicazionale apparentemente si fa più libera, più auto-determinata, ma ancora non abbastanza.
Siamo frutto di un Copione di Vita assorbito da società, scuola, genitori, amici, conoscenti, tv, libri e ogni sorta di fonte, e non è detto che sia veramente nostro. 

Diventa una nuova Missione, cercare il nostro vero Copione di vita più autentico, imparare la “disattivazione dei Copioni di Vita” che ci girano dentro e si camuffano per far finta di essere “nostri”. Farlo, è arte e tecnica.

Quali insegnamenti abbiamo avuto rispetto alla libertà? Come questi hanno plasmato la nostra psicologia individuale? Di cosa siamo consapevoli e di cosa ancora no? E come raggiungere questa consapevolezza? Da soli, lo anticipo, è molto difficile. Con il supporto di azioni serie di coaching, counseling, terapia, gruppi di studio e Scuole serie centrate sul Potenziale Umano, tutto cambia. Nel viaggio verso la libertà, non siamo più soli.

Il gioco è tutto tra espressione di sè e castrazione dei sogni. E noi vogliamo far vincere l’espressione di sè. Creare occasioni, creare spazi, creare luoghi fisici e psicologici dove questa sia possibile, anche sul lavoro come nella vita privata.

Un lavoro sulla psicologia della libertà è anche un lavoro sulla psicologia interiore e sulla purificazione da apprendimenti erronei che ci circolano dentro. 

Scoprire la nostra psicologia interiore e “come funzioniamo dentro” ci permette di scovare cosa ci sta allontanando da una vera libertà e da una vita libera. Per cui, si tratta di un progetto veramente rivoluzionario. 

È fondamentale capire che cercare la libertà non significa lavorare sulle psicopatologie, ma sulla cultura che ci circola dentro. Se senti una pulsione di libertà, non sei pazzo. Sei sanissimo.

Se cerchi di fare pulizia interiore e liberarti da castrazioni mentali assurde assimilate durante la tua vita, non sei malato, sei sanissimo. I malati sono quelli che non lo fanno, e accettano di morire in agonia spirituale, smettono di cercare aria pulita, accettano di vivere vite altrui senza rispettare se stessi e i propri bisogni più veri.

Libertà non è prendere mille aerei tanto per girare, ma ascoltare e rispettare i propri bisogni più autentici.

Libertà è scegliere e amare, sentirsi liberi. Spaziare con la fantasia. Libertà è anche trovare la calma e fermarsi senza bisogno di andare in alcun posto. Libertà è cercare un ostacolo o progetto di vita che altri non considerano degno di interesse, ma per noi vale la pena perché vi sentiamo il senso di vita pulsare. 

Libertà è anche libertà di fallire e non dover sempre riuscire.

Libertà di cambiare opinione sulle persone, sulle cose, sulle ideologie, in base ad una maturazione interiore o a nuove informazioni.
Libertà è scegliere le persone con cui passare il tempo senza costringersi a relazioni obbligate.

Libertà è quando ci rispettiamo. Libertà è quando facciamo rispettare i nostri valori più profondi a chi vuole relazionarsi con noi. È decidere di allontanarli da noi se non siamo compatibili, o qualcuno vuole costringerci a indossare maschere e ideologie che non ci appartengono.

Libertà è darsi la possibilità di avere momenti e brani di vita destrutturati, privi di orologio e di vincoli, di scadenze e orari.
Libertà è anche scegliere di entrare dentro alle proprie paure anziché respingerle sempre, scappare o negarle. 

Libertà è esplorare le nostre angosce per capire cosa c’è dentro e gradualmente liberarci da quelle false che scopriamo essere solo sovrastrutture. Alcune paure, come la paura di parlare in pubblico, ne sono un esempio lampante. Altre paure, come la paura del vuoto, contengono un seme di saggezza, mosse dal nostro istinto di sopravvivenza. Ma se guardiamo bene, la maggior parte delle nostre paure sono costruite. Sono soffocamenti evitabili. Sono paure introiettate. E su queste, si può fare molto, si deve fare molto. 

Perché la libertà non si vince al gioco. Si conquista, giorno dopo giorno.

Lo scenario che viviamo oggi è complesso, difficile, ma allo stesso tempo così ricco di possibilità, e un’occasione di incontro come il percorso olistico rappresenta una bella occasione per un nostro altro piccolo o grande passo verso la libertà. Farlo in compagnia, lo renderà ancora più bello. Cogliamola.


[1] Vance Packard. Il sesso selvaggio. Einaudi, Torino, 1970. P. 448. Tit. Orig. The Sexual Wilderness: The Contemporary Upheaval in Male-Female Relationship. New York, McKay, 1968.

[2] Taylor, Kathleen (2008). Brainwashing. La scienza del controllo del pensiero. Castelvecchi, Roma. Orig. Brainwashing. The Science of Thought Control. Oxford University Press.

[3] Taylor, Eldon, Mind Programming: From Persuasion and Brainwashing to Self-Help and Practical Metaphisics. Hay House Publisher, 2009.

Per approfondimenti vedi:

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