Il modo in cui il nostro cervello elabora le informazioni ha un impatto sulle nostre azioni.
Elaboriamo alcune informazioni (pensieri), che hanno un impatto sul nostro stato d’animo (emozioni).Il modo in cui ci sentiamo ha un impatto sul nostro comportamento (azioni). Pertanto, piuttosto che iniziare semplicemente dal cambiare un comportamento, è spesso più opportuno “riprogrammare” i nostri processi di pensiero.
Utilizzare un linguaggio prevalentemente negativo o distorto, ricco di pensieri generalizzanti, di tematiche ricorrenti non risolte, con percezioni e presupposti costantemente imprecisi, può a lungo andare a inibire il cambiamento.
Tra gli indicatori linguistici negativi che più utilizziamo, emergono le seguenti frasi:
“Non posso…” È proprio vero che non posso o non voglio? Forse non ho ancora provato davvero. O forse ho paura di farlo. Forse non ci sono ancora riuscito. Questo tipo di programmazione è estremamente negativa. Se percepiamo le situazioni in bianco e nero, ovvero come positive o negative, buone o cattive, ciò potrà ostacolare i nostri tentativi di cambiamento futuri. Al contrario, percepire ogni situazione solo come “un’esperienza”, ci ricorda che possiamo ripetere qualcosa finché non ci riusciamo. Siamo solo noi stessi che poniamo un limite di tempo al successo o al fallimento.
“Non ho mai…” “Accade sempre a me…” Quando le persone generalizzano, spesso hanno una percezione errata di una situazione. È altamente improbabile che qualcosa veramente “non accada mai”, ed è importante esplorare da dove proviene questa percezione. Da chi abbiamo appreso questo modo di guardare alle singole esperienze, in che modo abbiamo confermato questo schema di pensiero come veritiero. Quando scegliamo di utilizzare frequentemente questa tipologia di dialogo interno e/o esterno, ci releghiamo ad assumere il ruolo della vittima.
“Ci provo…” Dire al cervello di “provare” a fare qualcosa, gli fornisce molto spesso un’utile “via di uscita”. Il più delle volte ci stiamo davvero preparando a fallire. Se non ci riusciamo non ci sentiremo troppo male in quanto proprio come abbiamo appena detto “proveremo a farlo…”.
“Non c’è via di uscita…“ Il cervello ci insegna ad essere ciò che gli diciamo di essere. Pertanto, se gli diciamo che siamo senza speranza, manifesteremo là fuori quel comportamento esterno.
“Quella persona mi rende arrabbiato/nervoso/frustrato…” Pensare che qualcun altro sia responsabile delle nostre emozioni può essere molto dannoso. Possiamo sentirci in un certo modo solo se gli cediamo il permesso di “farci sentire” in quel modo. L’altra persona può aver creato il clima per farci sentire in quel modo, ma sta sempre a noi scegliere quali pensieri, emozioni, parole e azioni “mettere in campo” in ogni situazione della nostra vita.
“Dovrei/devo…” Spesso quando le persone dicono queste parole si stanno imponendo delle scadenze forzate, che prima o poi inizieranno a non rispettare, in quanto credono siano loro imposte da forze esterne. Possiamo sfidarci a considerare in quali altri modi possiamo avere il controllo del nostro destino.
“Non ho tempo…” Molti di noi conducono oggettivamente una vita frenetica in cui passiamo da una cosa all’altra. Se continuiamo a ripeterci che non abbiamo tempo per qualcosa o qualcuno, non avremo mai (o non troveremo mai) il tempo per inseguire ciò che vogliamo davvero. Il tempo è reale, ma il modo con cui lo percepiamo è un costrutto sociale. C’è inoltre una “psicologia dei tempi”, che è personale. È il nostro modo unico e soggettivo di guardare agli accadimenti della nostra vita, che si muovono nel nostro continuum tra presente, passato e futuro. A seconda della valenza positiva o negativa con cui percepiamo gli eventi su quel continuum, andremo ad influenzare la nostra modalità di “percepire” il tempo e di agire conseguentemente. Credere di non avere tempo ci fa rimanere bloccati in un posto e ci allontana dal raggiungimento dei nostri obiettivi.
Un primo passo che possiamo fare è quello di ascoltare quanto spesso pronunciamo queste frasi, e di riformularle in modo che siano più funzionali a ciò che vogliamo che accada all’interno e all’esterno di noi.
Un Coach può supportarci nell’identificare cosa ci sta bloccando ad un livello più profondo e può aiutarci a capire su cosa serve lavorare per crescere e per perseverare nella costruzione del nostro viaggio della vita sia a livello personale che professionale.
Cristina Turconi Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Trainer in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE
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https://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2023/04/schermata-2023-04-27-alle-12.53.09.png17482644Cristina Turconihttp://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/Logopayoff-300x95.pngCristina Turconi2023-04-27 21:38:582023-04-27 21:38:58Quali sono gli “indicatori linguistici negativi” che possono ostacolare il cambiamento?
Venerdì 24 dicembre, 2021. Sono le 3.30 del mattino e il telefono squilla all’improvviso. Mi sembra di sognare, ma torno brutalmente alla realtà. È mia mamma che ci avvisa che il papà sta male, fa fatica a respirare. Chiamiamo immediatamente l’ambulanza. Ci vestiamo alla bell’e meglio e ci precipitiamo a casa dei miei genitori che abitano solo a due vie da casa nostra.
Papà respira a fatica. Riempio quel tempo nell’attesa dei soccorsi, che sembra interminabile, cercando di tranquillizzarlo, di respirare lentamente insieme a lui, come per rallentare quella “fame d’aria” e quel suono minaccioso che preme ad accorciare sempre più ogni suo respiro. Poi i ragazzi del 118 arrivano, sanno cosa fare. Papà in un lampo viene ricoverato d’urgenza al pronto soccorso, dove un Dottore ci informa che la situazione è compromessa, ma che faranno tutto il possibile per aiutarlo a superare la crisi.
Così inizia la lunga attesa di una notizia che possa essere positiva, anche se il mio stato d’animo confuso, prende in considerazione ogni possibile scenario che include anche pensieri negativi. Ho imparato quando questo accade, quando la mia mente si fa irrequieta, che ho bisogno di fermare i pensieri e ritrovare il mio centro dentro.
Infilo le cuffiette e inizio ad ascoltare la mia musica che mi aiuta in pochi minuti a fare uscire allo scoperto l’ansia trattenuta, facendola sciogliere come neve al sole, in calde lacrime che mi rigano le guance. Mi bastano pochi minuti e recupero lucidità di pensiero e mi chiedo come posso sfruttare al meglio quel tempo che si prospetta interminabile, nella maniera più utile per il mio “sentire emozionale”.
Porto sempre con me, in borsa, un libro e decido così di mettermi a leggere. Faccio anche qualcosa in più, prima di aprire il libro, forse per esorcizzare la paura, chiedo metaforicamente di ricevere un messaggio che mi possa essere utile per ciò che sto attraversando. Il libro che ho tra le mani è del Dott. Lorenzo Manfredini: Mental Training & Coaching: “In profondità senza scavare”. Il capitolo che mi si apre davanti, casualità o sincronicità (lascio a te la scelta), parla dell’ansia d’attesa e della speranza.
Ogni volta che viviamo nell’ansia d’attesa, tutto ciò che succede nel presente è attraversato dal timore e dall’angoscia di non riuscire a vedere realizzate le nostre aspettative e realizzazioni. Viviamo il tempo come se fossimo paralizzati da un futuro che risucchia il presente e a cui toglie ogni significato. Nell’ansia d’attesa non c’è durata, non c’è concretezza, non c’è organizzazione del tempo.
La speranza, al contrario, distoglie dalla paura dell’immediato e dilata l’orizzonte. Consente di costruire il possibile. Consente una rivoluzione personale che rende flessibile la nostra identità e ci rende attivi. Come cita Manfredini, si può dire che l’attesa è passiva, perché si vive il tempo come qualcosa che viene verso di noi. La speranza, invece, è dinamismo perché ci spinge verso il tempo e ci muove verso una dimensione che realizza.
Sono parole potenti che mi toccano dentro, in quanto so e comprendo che portare la speranza nella mia vita è una questione di “scelta” ed è una mia “responsabilità”. Non posso smettere di avere paura o di sentirmi frustrata per tutto ciò che non posso controllare, ma posso attivamente impegnarmi in ogni singolo istante ad osservare i miei pensieri, a riconoscere le mie emozioni e a scegliere quali parole e azioni introdurre di fronte alle avversità.
Lo sto facendo anche ora. Mentre scrivo queste righe, papà è in sala operatoria e io in attesa di una chiamata per sapere come è andato l’intervento. Alleno così la speranza, e attingo anche a una fiducia più grande, quella che mi permette di arrendermi al ciclo della vita confidando che si prenderà cura di me come di ciascuno di noi.
Cristina Turconi Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Trainer in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE
https://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/12/brandon-holmes-gofyo51gq_4-unsplash-scaled.jpg17102560Cristina Turconihttp://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/Logopayoff-300x95.pngCristina Turconi2021-12-27 15:14:412021-12-27 15:14:41Portare la speranza nella tua vita è una questione di scelta e di responsabilità
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https://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/11/img_3734.jpg675900Cristina Turconihttp://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/Logopayoff-300x95.pngCristina Turconi2021-11-18 18:26:482023-01-28 14:26:43Perché utilizzare un Facilitatore esperto nei tuoi meeting di lavoro?
La nostra capacità di esprimerci in ambito professionale, di dare un senso alle nostre azioni e performance generando benessere, forza vitale, amore e passione può essere incoraggiata e supportata da una cultura di “Leading by Coaching” e di crescita personale continua.
In questo evento insieme a Dr. Daniele Trevisani, Savioli Lorenzo, Lorenzo Manfredini parleremo di come agire sul fattore umano per potenziare capacità e talento e far emergere doti straordinarie delle persone e dei gruppi di lavoro nelle organizzazioni e nelle imprese.
Ringraziamo Carlo Borghetti e il Consiglio regionale della Lombardia per la sensibilità dimostrata verso queste tematiche e l’opportunità di discuterne insieme il 2 Dicembre 2021 dalle 17.30 alle 19.00 presso la Sala Pirelli – Grattacielo Pirelli – Via Fabio Filzi 22 a Milano.
https://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/11/absolutvision-82tpeld0_e4-unsplash-scaled.jpg17062560Cristina Turconihttp://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/Logopayoff-300x95.pngCristina Turconi2021-11-07 18:37:072021-11-07 18:37:07Coaching e Sviluppo del Capitale Umano il 2 Dicembre 2021, a Milano
Esiste… si sta facendo strada come un torrente in piena. Travolge qualsiasi cosa cerchi di limitarla. Ogni forma di dittatura e censura ideologica, fisica e mentale, prova a bloccarla, ma prima o poi arriva ad esserne spazzata via. Di cosa parliamo? Quale forma di energia può essere così potente?
È l’energia della libertà. Un’energia che ci parla di un modo di vivere orientato alla purezza dell’essere liberi, e di un uomo nuovo, che cerca la libertà ogni singolo giorno, ora e istante, come un fiore insegue la luce.
Una libertà che è soprattutto mentale, in cui l’essere umano pensante rifiuta di farsi ingabbiare in ideologie oppressive, in censure e prigioni mentali, che si tratti di prigioni “forti “ ma anche di sottili imbrogli e bugie, messaggi che ti illudono e ti rendono schiavo senza che tu lo sappia.
La libertà è anche uno “stato di coscienza”. Nietsche arriva a definire come un senso che si prova a stare sopra le nuvole nell’aria rarefatta della montagna, la pace interna, il respiro libero.[1] Atri la trovano facendo apnea o corsa, altri su un ring sudato, altri in una biblioteca, poco importa.
Questo uomo nuovo cerca di coltivare in ogni sè e in ogni persona il “seme” di verità, di sacralità e di purezza che possiede. E cerca di potenziarsi, perché la libertà richiede la forza di un combattente, e va difesa come un guerriero. Ci chiede anche un “radicamento” in valori e pratiche di una saldezza che nessun “flauto magico” possa spostare dalla sua “via” e nessun luccichio di diamante possa illudere.
È una conquista rivoluzionaria. Non è facile, non è immediata, è un “percorso”, e a volte ci sono costi da pagare. Ma ben vengano. La libertà ha così tanto da offrire.
Il risultato della liberazione della mente e del corpo da ogni forma di abitudine rigida culturalmente ereditata e da censure e castrazioni può produrre cambiamenti positivi straordinari.
Il primo a beneficiarne sarà il nostro immenso potenziale intellettuale, imprigionato da chi ci vorrebbe puri consumatori di pensieri precotti. Il secondo sarà il nostro potenziale fisico, organico, corporeo, ammorbato da ogni forma di apatia, deprivato di tutto ciò che potremmo essere se solo avessimo priorità di vita più vere e più libere in cui dedichiamo al corpo una cura di sacralità e forza.
Il terzo sarà quello delle aziende, dove persone con la libertà di pensare ed esprimersi porteranno avanti progetti e prodotti talmente innovativi da far sembrare dinosauri tutti i “burocratici manager medi”, i portatori di leadership tossica di cui le imprese sono piene, coloro che “tengono tutto fermo”, coloro che temono i giovani e le menti che pensano, coloro che pur di rimanere aggrappati alla poltrona farebbero affondare la nave in cui vivono.
Un altro grande beneficiario è ogni essere umano e la sua qualità della vita.
Attraversiamo tutta la vita di corsa, senza tregua, illudendoci che quella sia la libertà. Un sabato pomeriggio forzati a fare la spesa in un centro commerciale. Una domenica mattina spesa a scegliere tra centinaia di modelli della nuova tv che non sta nemmeno in casa e paghi a rate. La nuova consolle per videogiochi che “sembra la vita vera talmente è realistica” dimenticando che la vita vera è natura.
Sembra incredibile, ma decenni di scuola non insegnano davvero qualcosa di pratico sulla libertà mentale o sul vero potenziale del corpo. E non parliamo concetti astratti, parliamo della nostra vita, di noi come persone.
Le aziende, altrettanto, preferiscono ingabbiare i neo-assunti nelle categorie esistenti in, magari sotto le cure soffocanti di un brontosauro d’impresa, in un “mentoring al contrario”, invece di vedere, magari, cosa abbiano da dire di nuovo e di buono, con occhi ancora freschi.
Per chi lavora in azienda da tempo invece, una volta ammaestrato a “non uscire dalla gabbia” e tenere il paraocchi bello stretto, tutto sarà ok. Il “problema” della libertà sarà presto dimenticato.
Nella vita di strada, le cose non cambiano.
Incredibilmente, tanta gente guarda ancora all’oroscopo per avere qualche idea di come andrà la giornata, invece di fare piani per liberare le proprie potenzialità e produrre il proprio destino, alimentando e nutrendo le proprie “intelligenze multiple”[2], risorse latenti di cui tutti dispongono. Come evidenzia Marinoff, a poco serve sperare nella fortuna, “coloro che sono responsabili della propria sofferenza non possono sfuggirle se non confrontandosi con esse, comprendendone le vere cause e rimuovendole”[3].
Per questo, un percorso di coaching, counseling, terapia, formazione e persino la pedagogia, la televisione e i suoi tanti programmi popolari dovrebbero insegnare alle persone a fare “problem solving” più che a interpretare l’oroscopo.
Non ci vengono forniti gli strumenti base come la capacità di rilassamento, di meditazione, di concentrazione vera, di pulizia mentale, di lavoro sul benessere e potenziamento corporeo. Nemmeno dai genitori, senza incolparli, ma non è nel patrimonio culturale di un genitore medio occidentale. Come evidenzia Joel Levey,
Ė il complesso corpo-mente, infatti, che guida la nostra creatività e l’uso di tutti gli altri strumenti, ed è esso stesso uno strumento dal potenziale infinito. Eppure solo pochi di noi hanno mai imparato persino le tecniche più semplici che servono alla manutenzione e sintonizzazione di questo complesso. I vostri genitori o i vostri insegnanti, ad esempio, vi hanno mai insegnato a rilassarvi, a concentrarvi e a meditare? Hanno mai praticato loro stessi queste arti o ne hanno mai conosciuto il valore?[4]
Religioni, genitori, libri, spesso non solo non insegnano libertà mentali, ma sono molto bravi ad amputare sogni e idee, anche subdolamente, e dire cosa non si deve o non si può fare.
Allo stadio evolutivo (o involutivo per certi aspetti) in cui è la civiltà odierna, siamo tanto forti nello zittire gli altri e imporre regimi, quando deboli nel sapere come aprire orizzonti, strade, ispirare noi e gli altri, e motivarci in percorsi di vera libertà ed espressione di sè.
Tornando alla teoria delle intelligenze multiple, ecco su cosa si dovrebbe lavorare in un progetto di coaching olisticoserio, un programma di crescita personale che lavora su più lati della persona:
intelligenza logico-matematica: capacità di astrazione, pensiero logico, ragionamento, uso dei numeri, pensiero critico;
intelligenza linguistica: capacità nell’uso della parola e del linguaggio, leggere, scrivere, raccontare, comunicare tra persone;
intelligenza visivo–spaziale: capacità di valutazione degli spazi e visualizzazione mentale;
intelligenza musicale e armonica: sensibilità per il suono, ritmo, toni e musica, per gli equilibri e le armonie;
intelligenza corporea-cinestesica: capacità di controllo del movimento, del corpo, della gestione di oggetti, dell’azione fisica, capacità di espressione fisica e sensibilità al corpo;
intelligenza inter-personale: sensibilità agli stati d’animo, alle relazioni, alle interazioni umane, alla comunicazione, empatia aumentata:
intelligenza intra-personale: introspezione e auto-riflessione; comprensione dei propri punti di forza, debolezza, unicità, le proprie emozioni e sensazioni, conoscere se stessi;
intelligenza naturalistica: interazione con l’ambiente, classificazione di oggetti e cose, ricettività ecologica, amare l’universo e capirne il nostro ruolo, tempo, spazio, luogo, e storia;
intelligenza esistenziale: dimensione religiosa, spirituale, capacità di inserire se stessi e gli eventi in una cornice filosofica, avere una filosofia di vita evoluta e auto-determinata[5].
Ogni bambino e adolescente cui sia negata un’opportunità di esplorazione del mondo (e di sè) da questi punti di vista, è un’anima che rischiamo di perdere. Non possiamo permettercelo.
Ogni adulto che arrivi a considerare questi temi “cavolate”, a pensare che la vita vera si debba racchiudere nel lavorare senza farsi tante domande, fare la spesa e guardare la tv, è un’anima persa.
Ma ogni anima per quanto persa, ha dentro una possibilità di recupero, e a questa puntiamo con forza. Il risveglio delle persone è possibile.
Occorre porsi delle domande. Quanto potenziale abbiamo?
Se sin da bambini ci avessero aiutato a fare percorsi seri sulle varie forme di intelligenze multiple, e ci avessero poi aiutato a seguire quelle in cui la nostra vocazione e passione si esprimeva meglio, quanti geni e scienziati in più avremo! Sembra incredibile, sembra si parli di altri, e invece si parla di noi, di tutti noi.
Allora, tornano in mente le domande.
Perché una persona può immergersi fino a quaranta, ottanta, cento e oltre metri di profondità (un buon apneista, quando apprende a liberarsi da tensioni muscolari e mentali, lo fa) mentre altri hanno paura dell’acqua? Intendo proprio paura di entrare in acqua! Perché parlare in pubblico per alcuni suscita un terrore peggiore della morte, mentre per altri è una grande occasione da non lasciarsi perdere, un momento ghiotto tutto da gustare?
Perché studiare per molti studenti diventa qualcosa che si arriva ad odiare, mentre altri trovano in una biblioteca gioia e pace e nei libri nutrimento e piacere?
Perché nella maggior parte delle riunioni aziendali si arriva ad un litigio, aperto o sotterraneo, e domina l’incomunicabilità? O se va bene, l’apatia e la noia?
Ma proiettiamoci molto in avanti. Perché non siamo già su auto volanti alimentate da idrogeno, ecologiche, a guida automatica, completamente sicure, come tecnicamente sarebbe già possibile da parecchi decenni?
Perché sulla Terra vi sono ancora così tanti conflitti e fame sino alla morte per fame, vera e drammaticamente reale, ma allo stesso tempo esistono obesità diffuse e comunità dove domina ogni forma di lusso e benessere?
Non è forse che ci stiamo perdendo qualcosa? Qual è il fattore comune di tutte queste situazioni?
Se osserviamo bene, il problema comune è la mancanza di una vera libertà mentale che porti persone e organizzazioni al potere a decidere saggiamente, per il proprio bene e per le generazioni in arrivo. La libertà di guardare avanti e non indietro.
Anche una persona apparentemente priva di potere, può lavorare sul proprio sviluppo personale anziché tentare la sorte con le lotterie, giochi e ogni altra forma di rimbecillimento mentale.
Le scuole devono diventare templi del Potenziale Umano di ogni bambino e ragazzo, non luoghi di produzione di automi mentali.
Se non riescono scuole, università, genitori, pur con tutta la volontà, forse è questione di metodo?
E se finora non ci siamo arrivati, allora, una riflessione positiva e un metodo vanno ricercati altrove. E presto. L’uomo è sulla soglia: o cambia o si estingue, la clessidra è drammaticamente a corto di tempo.
In questo libro esaminiamo opportunità, metodi e concetti che possono essere utili a chi si occupa di “liberazione delle potenzialità delle persone”, fisiche e mentali, e quindi per operatori che agiscono nel Coaching, Counseling, Formazione, Allenatori sportivi, per i Leader e responsabili di ogni organizzazione. Cerchiamo anche riflessioni e metodi utili a chi agisce nelle imprese, e in ogni essere umano che cerca il sapore di un pensiero libero, ragionando su spunti e concetti liberatori.
In un percorso di psicologia della libertà vogliamo aiutare le persone a riflettere sulla vita, sugli obiettivi che possono dare spessore e valore, e supportare i percorsi di crescita personale.
Non è un lavoro da confondere assolutamente con la psicoterapia, che guarda alla rimozione di disagi psicologici, ma con la progettazione di futuri possibili, con un grande meta-obiettivo: la crescita della libertà personale e una vita vissuta a pieno.
[1] Nietsche, Friedrich. Ecce Homo. Come si diventa ciò che si è. Milano, Adelphi, 6° edizione 1981, p. 12-13. Tit orig. Ecce Homo. Wie man wird, was man ist.
[2] Vedi Gardner, Gardner, Howard (1983), Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences, Basic Books, ISBN 0133306143
[3] Marinoff, Lou. Le pillole di Aristotele. Come la filosofia può migliorare la nostra vita. Piemme, Casale Monferrato, 2003. P. 146.
[4] Levey, Joel (1987) The Fine Arts of Relaxation, Concentration and Meditation. Ancient Skills for Modern Minds. Wisdom Publishing, London. Trad. it. L’arte del rilassamento, della concentrazione e della meditazione. Tecniche antiche per la mente moderna. Ubaldini, Roma, 1988
[5] Gardner, Howard (1983), Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences, Basic Books, ISBN 0133306143
Cristina Turconi Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Trainer in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE
https://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/10/daniele-franchi-gbaejujkj88-unsplash-scaled.jpg12812560Cristina Turconihttp://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/Logopayoff-300x95.pngCristina Turconi2021-10-25 21:44:542021-10-25 21:44:54Coltivare il “seme”di sacralità e di purezza che ognuno di noi possiede, verso la liberazione totale delle potenzialità delle persone
L’ascolto può essere esaminato con diversi livelli di zoom.
Così come per uno zoom possiamo notare prima una foresta, poi zoomare su una singola pianta e notarne il grande numero di foglie, poi focalizzare una singola foglia e notare le venature che vi scorrono, gli insetti che vi camminano sopra, e così via. Lo stesso vale nell’ascolto. Possiamo esaminarlo come fenomeno generale, vederlo dall’alto, o entrare con gradi diversi di dettaglio. Il grado di dettaglio dipende da quante variabili vogliamo utilizzare per “esaminare” l’ascolto e il flusso comunicativo. L’ascolto di più tracce richiede impegno, richiede qualità di ascolto, ma dobbiamo essere convinti che questo impegno nell’ascolto sarà ripagato da una qualità di comprensione assolutamente maggiore.
La Qualità è come un’onda. Quel lavoro di Qualità che pensavi nessuno avrebbe notato viene notato eccome, e chi lo vede si sente un pochino meglio: probabilmente trasferirà negli altri questa sua sensazione e in questo modo la Qualità continuerà a diffondersi.
Robert M. Pirsig
Nel passaggio seguente vedremo un modello abbastanza semplice, con tre variabili principali, ascolto dei dati, ascolto delle emozioni, ascolto delle credenze.
Un modello di ascolto a tre livelli: ascolto dei dati, ascolto delle emozioni, ascolto delle credenze.
L’ascolto in profondità entra su temi più sottili che non le semplici parole. Saper ripetere a memoria quanto ascoltato non è indice di vero ascolto, ma di una pura memorizzazione.
Un buon coach, un buon Counselor, un buon psicoterapeuta, un buon leader, mentre ascoltano, stanno in realtà ascoltando più tracce contemporaneamente. Esempio, ascoltano lo stress vocale che accompagna le parole. Il grado di stress vocale, la voce limpida o la voce rotta e tremolante, sono un indicatore fondamentale dello stato d’animo del parlante. Potrebbero quindi dire: “mentre parli, mentre ti ascolto, noto che c’è qualche timore in te, ti va di parlarmene?”
Ascoltando il flusso di comunicazione che emerge nel discorso, possiamo focalizzarci sia sulle parole (le persone citate, i verbi, gli aggettivi, ogni elemento verbale), sulle tonalità e l’espressione facciale, che ci offrono informazioni su quali stati emotivi la persona associa a vari stadi del suo parlato, e su elementi più generali, elementi di sfondo non detti, che chiamiamo “credenze” o “convinzioni” ed emergono come regole implicite che la persona sta usando nel suo ragionamento.
Ad esempio: Mio padre deve rendersi conto che questo non è un semplice corso ma un vero accompagnamento nel passaggio generazionale, dove il tempo scorre e che siano daccordo o meno il CEO, il Direttore Finanziario, e gli altri Direttori, come figlio loro dovranno rispondere a me, e per allora, quando sarò i momento del passaggio definitivo del testimone, l’azienda dovrà funzionare veramente bene.
Parole
Emozioni associate
Credenze attive inespresse o latenti
Io
Autostima
Io voglio lavorare in un posto dove le cose funzionano
Mio padre
Rabbia, disagio, aspettativa
Mio padre non si rende conto che quando mancherà mi lascerà solo con tutti i problemi esistenti se non facciamo qualcosa
Corso
Attesa, anticipazione, speranza
Più che un corso deve essere un momento di allineamento forte, sui valori, e soprattutto su come si lavora nella Direzione, evitando che ognuno vada per la sua strada e abbia visione diversa del nostro futuro
Passaggio generazionale
Difficoltà, speranza
Che vuoi o meno, il tempo scorre e io devo essere pronto a prendere la staffetta, prima o poi starà a me
Essere daccordo o meno
Rabbia repressa
I manager sono mercenari, non gli interessa questo, anzi meno potere ho e meglio è per loro
CEO
Distanza, disgusto
Meno si sa cosa fa, e più può essere libero di fare quello che gli pare, se ci allineiamo, un pò meno
Direttore Finanziario
Distanza, disgusto
Meno si sa cosa fa, e più può essere libero di fare quello che gli pare, se ci allineiamo, un pò meno
Altri manager
Distanza, disgusto
C’è il rischio che si formi una “tribù” che prende il controllo dell’azienda e questo non deve succedere
Rispondere a me
Orgoglio
Il comando dell’azienda deve passare da una generazione a quella successiva
Azienda
Amore, aspettativa, ansia
Siamo un’azienda, un gruppo, un team, non importa come la chiami, dobbiamo lavorare in team
Funzionare bene
Desiderio
Tutti devono avere chiaro chi siamo e cosa vogliamo, dobbiamo essere allineati
Quindi in ogni messaggio, esistono oggetti – parole, persone, cose, relazioni oggettuali (cosa provo verso quell’oggetto) – e sistemi di credenze, spesso non detti, che alimentano lo sfondo.
Da questo possiamo ricavare sia:
una sintesi dei dati
una sintesi degli sfondi emotivi (generali) e dei dettagli emotivi (particolari)
una sintesi dei sistemi di credenze (Belief System) che operano nella persona.
Chi riesce a fare un ascolto veramente empatico sarà in grado di riformulare al parlante sia i dati, che le emozioni che ha colto, che le credenze sottostanti. Un lavoro estremamente tecnico, ed estremamente potente. E se serve prendere appunti per aiutarsi sui “dati”, è sufficiente chiedere il permesso, e se serve ancora, far ripetere al parlante alcuni passaggi che vogliamo approfondire, ancora meglio.
Nessuno si stanca di parlare quando sente che stiamo ascoltando con tutti noi stessi, e quello che dice ci interessa davvero.
Cristina Turconi Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Trainer in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE
https://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/05/andrew-ridley-jr4zf-rieji-unsplash-scaled.jpg19202560Cristina Turconihttp://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/Logopayoff-300x95.pngCristina Turconi2021-05-24 22:49:052021-10-13 19:00:49L’ascolto multiplo, ascolto di più tracce e più livelli nello stesso flusso comunicativo
Le risonanze emotive sono degli “eco delle emozioni” che giungono apparentemente da lontano, ma riportano nuovo contenuto su un piano diverso e arricchiscono l’ascolto. Ci sono almeno dieci modi di dire “va tutto bene” di fronte alla domanda “Come va oggi?”, e quelle dieci diverse sfumature provengono dalle risonanze emotive che riverberano nella persona e si associano alle parole. Provare per credere. È possibile esercitarsi a “sentire” le risonanze emotive, per arrivare più vicini possibile alla verità delle cose. Mentre l’ascolto tradizionale si concentra sulla parola, l’ascolto empatico si concentra più sul cogliere le emozioni. Le emozioni dell’altro hanno una vibrazione, un riverbero, le nostre anche, e si crea un vero e proprio momento di risonanza.
Quando io capisco che stanno risonando emozioni nell’altra persona, siamo nell’ascolto sensibile. Quando io inizio ad interessarmi, a cercare di capire che tipo di emozioni stiano risonando, stiamo entrando nell’ascolto empatico. Sentire che esiste un flusso, decidere di voler decodificare un testo, una parola, una frase, una conversazione, è saper ascoltare con il cuore e non solo con la mente.
Se ciò che io dico risuona in te, è semplicemente perché siamo entrambi rami di uno stesso albero.
William Butler Yeats
Cercare risonanza e ascolto vale anche nelle professioni strategiche. Nel caso della vendita, la tecnica di ascolto si trasforma in un vero e proprio coaching del cliente, che viene aiutato a fare passi avanti e miglioramenti grazie alle nostre azioni di ascolto attivo. L’ascolto attivo fa sempre da “madre di ogni riflessione”. Non cambia molto se ci spostiamo verso l’esame delle capacità di ascolto di un medico verso il paziente.
Quante volte vi siete sentiti ascoltati pienamente, a fondo, e senza fretta di arrivare a conclusioni?
Le aziende spesso pensano di “ascoltarci” facendoci compilare questionari o tramite risponditori automatici, il che non aiuta certo a creare un legame empatico con il cliente. Con questionari e form online, così distanti, così freddi, difficilmente si creerà quella risonanza emotiva che solo un ascolto attivo sa creare.
L’ascolto entra anche nella leadership, perché un conto è dare ordini a persone senza sapere che impatto e adesione troveremo, e altro è dare disposizioni, consegne o deleghe avendo un quadro chiarissimo su come le persone la pensino e cosa possano o meno accettare o vedere fattibile.
Se l’ascolto fosse un fiume, avremo un ascolto semplice, che si limita a guardare l’acqua passivamente e distrattamente, e un ascolto empatico “oltre le parole”, che va ad osservare con attenzione anche i diversi colori e sfumature del flusso d’acqua, le rive, le insenature, la vegetazione che lo contorna, i sottili mulinelli dell’acqua, una barca, un tronco trasportato, e la velocità della corrente, e tutto quanto il flusso possibile di segnali che scorgiamo nell’ambiente.
Cristina Turconi Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Practitioner in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE
E’ importante offrire un’attenzione speciale alle emozioni quando comunichiamo. Le emozioni fanno parte del nostro mondo interiore e ne sono l’elemento centrale. Un’emozione è una dinamica energetica che corre su e giù nel corpo penetrando ogni esperienza, e determinando il nostro modo di pensare.
Non esiste un’emozione giusta o sbagliata. Persino quando l’emozione sembra esagerata, si tratta solitamente di giudizi provenienti dall’esterno. Dall’interno la persona sente l’emozione e deve viverla anche se soltanto per un momento.[1]
Spesso tendiamo a interiorizzare le nostre emozioni per paura del giudizio esteriore che si insinua sotto la nostra pelle e ci fa vergognare di ciò che stiamo provando. Le emozioni rimangono così imbrigliate e contratte (evitiamo di riconoscerle, accettarle, nominarle e descriverle nella nostra comunicazione con l’altro).
Una semplice domanda come: “Puoi descrivere come ti senti?” fa sentire l’altro accompagnato da chi ascolta, aprendo la porta all’elaborazione dell’emozione stessa.
In che modo emozioni e comunicazione sono correlate?
Quando comunichiamo, oltre ai dati verbali (oggetti, soggetti, verbi, aggettivi e altri elementi del discorso) possiamo sempre notare un sottofondo emotivo (la parte esterna della ruota di Plutchik sotto presentata). A volte questo sottofondo si fa più intenso, e quasi arriviamo a “sentire” o “percepire” più lo sfondo emotivo delle stesse parole (area delle emozioni intermedie). Quando si entra nelle emozioni estreme, quelle intense, rappresentate al centro, le parole diventano quasi inutili, perché veniamo inondati dall’emozione che ci arriva dall’altro, e questa finisce per sopraffare qualsiasi contenuto.
Il “solido di Plutchik” o “Ruota delle Emozioni di Plutchik”[2] rappresenta una delle migliori visualizzazioni su come funzionano le emozioni. Dobbiamo tenere a mente che anche noi siamo soggetti comunicatori, per cui quanto sopra evidenziato, vale anche per quando siamo noi a parlare.
Figura 1 – Ruota degli stati emotivi (Plutchik)[3]
(grafica adattata dal modello originale, con riferimento in bibliografia, Plutchik 1980)
Inevitabilmente, in uno scambio comunicativo, abbiamo sempre un sottostante scambio di emozioni.
Alcune persone sono bravissime e rapidissime nel cogliere le proprie emozioni interne, dirigerle, dominarle, farne l’uso che vogliono. Ad esempio, parlare in pubblico davanti a migliaia di persone senza provare il minimo di ansia.
Altre persone invece sono vittime delle emozioni, possono diventare vittime di un amore cieco e sordo ad ogni diniego, e perseverare nell’amare una persona che non le ama, o non ha nemmeno mai dato segni di amore. Possono provare paura persino del pensiero di parlare in pubblico, e temerlo come il peggiore dei veleni.
Ogni situazione comunicativa (COMSIT) può avere specifici significati e sottofondi emotivi. Le COMSIT sono specifici frames o momenti comunicativi che possono essere distinti gli uni dagli altri, come il dialogo tra amici, o il litigio, o il dare spiegazioni stradali, e mille altre possibilità date dalla vita di relazione. In ciascuna COMSIT, si presentano gradi diversi di incomunicabilità e diversi tipi di emozioni.[4]
Ma allora cosa fare. La strada, l’unica vera strada, è “allenarsi alle emozioni”. E detta così sembra come “allenarsi a vivere”, qualcosa di intangibile. Ed è proprio quell’allenare l’intangibile che fa dell’”allenamento alle emozioni” un esercizio di grande intelligenza emotiva. E una raffinata palestra di Coaching Esperienziale, per chi progetta esercizi di formazione attiva sulle emozioni.
Si tratta di fronteggiare le emozioni in un “laboratorio emotivo” dove queste possano essere sperimentate e poi “sbobinate” con il supporto di un formatore, coach, Counselor o psicologo, in funzione del tipo di intervento.
Quando si lavora su gruppi aziendali e non su situazioni di patologia clinica, certamente la figura del formatore e del Counselor possono essere il riferimento. Questi “laboratori sulle emozioni” devono essere formulati ingegneristicamente, possono utilizzare video, immagini, lettere, dialoghi a tema, ed ogni tipo di esercizio che coinvolga le emozioni.
Come ci dice Howell[5] parlando delle nostre “incompetenze emotive inconsapevoli”, all’inizio troveremo il tutto un pò stupido o saremo “imbranati”, ma poi “scaleremo” questa vetta, passo dopo passo, sino a giungere ad una forte competenza emotiva.
E del resto, questa è necessaria tanto più è elevata la posizione di carriera. Si pensi alle necessità di equilibrio emotivo di un Giudice, o di un Chirurgo, o di un operatore delle Forze dell’Ordine, o in situazioni specifiche come tirare un rigore, o in sport difficili ed estremi dove le emozioni sono tutto, o quasi tutto.
Le emozioni sono spesso miste, un incrocio tra diversi stati emotivi, come vediamo in questa figura, dove vengono mostrati i collegamenti primari, secondari e terziari tra le diadi di emozioni nel modello di Plutchik.
Figura 2 – Grafico che mostra le diadi primarie, secondarie e terziarie sulla ruota delle emozioni di Plutchik[6]
I collegamenti tra stati emotivi producono emozioni variabili a cui partecipano più stati emotivi (Mixed Emotions), che sono in realtà la nostra verità emotiva di tutti i giorni.
[4] Trevisani, Daniele (1992). A Semiotic Models Approach to the Analysis of International/Intercultural Communication; published in “Proceedings of the International and Intercultural Communication Conference”, University of Miami, FL., USA, 19 – 21 May 1992
[5] Howell, William S. (1982). The empathic communicator. University of Minnesota: Wadsworth Publishing Company
Cristina Turconi Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Practitioner in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE
A volte per ottenere il meglio da se stessi è necessario staccare. Il professionista Martinez così racconta la sua preparazione:
A luglio 2005, l’atleta trentenne ha lasciato l’isola frenetica e soffocata dal traffico di Manhattan per trasferirsi temporaneamente nel distretto si South Street di Philadelphia. Nella sua nuova città, si è buttato anima e corpo nella preparazione per l’Olympia, camminando per le strade di Philadelphia come un novello Rocky intento a prepararsi per il match decisivo della sua carriera agonistica. “Le mie giornate – spiega – erano dedicate soltanto all’allenamento e alla preparazione. Niente attività extracurricolari”[1].
Rompere con l’ambiente circostante di sempre, cambiando il frame spazio-temporale abitudinario, è una tecnica usata nello sport e nell’impresa, quando si vuole ottenere massima dedizione e concentrazione. La tecnica del cambiare città temporaneamente o del cambiare stile di vita, o del cambiare palestra, o luogo di lavoro, o del “ritiro”, è una pratica vincente per molti professionisti sportivi e team, ma anche di artisti e pensatori che cercano di ottenere uno stacco totale dallo stile di vita o da aspetti particolari dell’ambiente precedente (fisico e sociale), per trovare nuova linfa e concentrazione.
Ciò che rimane nel non detto, è da cosa esattamente si stia sfuggendo. Spesso si tratta di una coltre di nebbia mentale, di uno smog psicologico non ben definito, di abitudini o climi psicologici che è persino difficile identificare. Quello che conta è che la tecnica del ritiro e/o del cambiamento di ambiente funzioni, e che possa essere utilizzata per ottenere nuova linfa vitale e nuova concentrazione rompendo con gli schemi precedenti.
La concentrazione, lo stacco dagli schemi abitudinari della vita quotidiana, la separazione mentale delle attività, sono forti strumenti per la ricarica delle energie psicologiche. Nel caso precedente abbiamo visto l’esempio di uno stacco estremo, cambiare città, ma in molti altri casi lo stacco può essere ottenuto anche durante la giornata.
Vediamo questa testimonianza in ambito sportivo, su come nelle arti marziali (quando condotte da maestri preparati, non da dilettanti) si vada alla ricerca di quella condizione interiore che permette al partecipante di “cambiare registro” ed entrare in una dimensione più profonda:
Spesso la meditazione ha luogo alla fine e all’inizio delle lezioni. Tuttavia il fatto stesso di arrivare al Dojo, di liberarsi degli indumenti quotidiani per indossare il nostro Gi, Dobok o quello che è, metterci la nostra cintura, è in se un atto di preparazione per adattare la nostra mente all’altro spazio-tempo che compone la nostra pratica nel Do-jo (il posto del risveglio).
La meditazione ed i saluti iniziali sono un passo in più nel già citato processo. Persino nella loro pratica esclusivamente formale tali cerimonie facilitano il transito dalla stressante quotidianità, fino ad un atteggiamento diverso, dove i valori, i tempi e persino la misura del nostro sforzo sono molto differenti. Qui il denaro non comanda, comanda il Maestro; il nostro tempo non ci appartiene, è gestito dal Maestro e dalla dinamica del gruppo; il corpo, spesso trascurato nel nostro quotidiano, acquisisce ora un protagonismo distinto, diventa presente e richiama la mente e le emozioni a condividere lo sforzo. Uno sforzo che non si realizza per ottenere denaro, oggetti o sesso, uno sforzo che ci porterà un unico regalo, l’autosuperamento[2].
Se esiste una capacità dimenticata oggi in azienda è la presenza mentale, la concentrazione strategica.
Principio 10 – Energie mentali, presenza mentale e mono-tasking
Le energie mentali diminuiscono o si esauriscono quando:
le risorse attentive non sono pienamente presenti e concentrate;
l’individuo utilizza le proprie energie attentive (cognitive) ed emotive su più fronti contemporanei (multitasking);
l’individuo sottostima il grado di difficoltà insito nel compiere bene un’azione o affrontare un problema;
l’individuo non riesce ad isolare le attività prioritarie, o a rinunciare alla dedizione verso tempi estranei al goal, durante il tentativo di perseguire il goal stesso;
viene utilizzato uno stile di pensiero errato rispetto al compito.
Le energie mentali aumentano quando:
vengono allenate le capacità di concentrazione e presenza mentale;
vengono praticate attività atte a favorire la lucidità mentale (rilassamento, meditazione, tecniche di training mentale condotte da professionisti);
l’individuo concentra le attenzioni ed energie su un problema o progetto, evitando la dispersione (rimozione del multitasking);
l’individuo apprende a svolgere stime corrette rispetto al dispendio di energie mentali di attenzione e concentrazione necessarie, senza sopravvalutarle (ingigantimento della sfida) o sottovalutarle (sottostima);
l’individuo apprende a compiere azioni sfidanti con maggiore efficienza mentale, utilizzando stili di pensiero (stili cognitivi) postivi e risolutivi.
[1] Berg, M. (2006), La svolta di Victor, Flex, n. 4, pp. 70-79. Rif., p. 75.
[2] Tucci, A. (2005), Concentrazione e meditazione nelle arti marziali, Budo International, settembre, p. 62.
Cristina Turconi Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Practitioner in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE
https://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/jason-ortego-buf62ewdlcq-unsplash.jpg10451568Cristina Turconihttp://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/Logopayoff-300x95.pngCristina Turconi2021-03-10 10:09:372021-03-24 15:42:05Il monotasking, il “ritiro spirituale” o “ritiro di concentrazione” per la ricerca delle performance – rompere con gli schemi e cambiare registro
Progetto a cura di: Cristina Turconi – Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Practitioner in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE | Consulente e Facilitatrice Certificata Metodo 4Colors®
Il detto: “L’unione fa la forza”, vale sempre di più all’interno di un processo creativo, dove ogni energia colore del Metodo 4Colors® trova il suo posto.
La descrizione più nota del processo creativo è quella per “fasi successive”, proposta dallo psicologo ed educatore inglese Graham Wallas con Richard Smith, autori del testo The art of thought, pubblicato nel 1926 [1]. Diversi autori in tempi più recenti hanno approfondito i quattro stadi di Wallas, suddividendoli in altri autonomi momenti. In questo quadro rientra anche Hubert Jaouil, per il quale la creazione e si configura in un processo con 5 tappe.
Nel colorato gioco della creatività, Vediamo come queste 5 tappe si intersecano con le 4 energie colore rappresentate nella bussola 4Colors® in questa successione [2]:
Processus Creatif + Couleurs – Know Future 4Colors Blog [3]
Fase 0 – Il LANCIO dell’idea (energia rossa):
E’ il momento in cui emerge un’intenzione, un desiderio, un’aspettativa, ma anche un bisogno o la necessità di risolvere un problema. È quella “sensazione” che necessita di essere in qualche modo esplorata, che sente l’esigenza di incarnarsi in un progetto o in qualcosa di più strutturato. In questa fase emerge forte il desiderio di andare oltre, con una reale volontà di fare le cose. Questo è il lancio dell’idea.
Affinché questo momento sia un vero innesco, è necessario mettere in atto un’energia proattiva, “go-ahead”, volontaristica, caratteristica dei dominanti ROSSI del DISC. Per esempio, quando si crea un webinar online sul cambiamento, all’inizio, una persona lancerà l’idea, la visione di fare questo webinar.
Fase 1 – La PREPARAZIONE (energia giallo-blu):
Poi, il desiderio deve essere trasmesso alla squadra, sottoposto all’intelligenza collettiva del gruppo. Serve instillare, mantenere o far crescere il desiderio nel gruppo del piacere di trasformare la visione iniziale in un passo più concreto. È infatti l’energia GIALLA del DISC degli “Influencer,” rivolta all’azione nella relazione, che viene messa in atto. Qui serve trasformare i dubbi e le perplessità in curiosità ed entusiasmo per “il nuovo” che si prospetta all’orizzonte.
Ora, questa fase di preparazione richiede di “far quadrare” l’energia gialla messa in moto (che ha una tendenza naturale a disperdersi). È in questo momento che i dominanti BLU del DISC, riflessivi, rigorosi, e strategici, entrano in gioco. Questa energia blu permette di analizzare l’origine della situazione, il problema iniziale per capirne le cause, ma anche di verificare in dettaglio la visione, l’obiettivo e le poste in gioco associate. Viene quindi avviata una ricerca, una fase di consultazione e ordinamento delle informazioni fino ad “aver assorbito” tutto quanto disponibile e necessario per questo progetto.
Tornando all’esempio della creazione di un webinar, si potrebbe ricorrere a una fase di brainstorming collettivo o all’utilizzo di tecniche creative per fare emergere idee innovative; allo stesso tempo verificare in dettaglio i temi da trattare e le informazioni da trasmettere. Approfondire gli aspetti tecnici e finanziari. Analizzare cosa è già disponibile sul mercato e cosa manca, intervistare le persone che potrebbero partecipare all’esperienza per far emergere bisogni, desideri e aspettative da soddisfare.
Fase 2 – L’INCUBAZIONE (energia verde):
Dopo questa fase piena di idee, ricerche, verifiche e relazioni, arriva il tempo della riflessione per lasciare spazio all’inconscio, all’l’incubazione. Questo momento è più calmo, meno controllato: si tratta di uno spazio dove lasciar calmierare le energie messe in moto e lasciar sedimentare quanto emerso. In questa fase ogni inventore cova ed elabora le sue idee, essa può avere una durata variabile, anche lunga; di questo particolare momento è molto interessante l’aspetto di elaborazione inconscia, nella quale i meccanismi di assemblaggio operano ad insaputa dell’inventore.
L’incubazione mette dunque in primo piano l’energia VERDE del DISC: il fare un passo indietro, l’invitare la calma e la riflessione. Non fare nulla fisicamente non significa che non avvenga alcuna trasformazione all’interno. Al contrario, si tratta di fidarsi della propria intuizione, di questo sesto senso e lasciare che le idee vengano a galla, con pazienza e umiltà.
Nell’esempio della creazione del webinar, è la fase del “mettersi in stand-by”, dove è necessario darsi il tempo di tenere metaforicamente “nel retro della mente” l’obiettivo della sua creazione. Aprire la mente ad altre pratiche artistiche, culturali, sportive e contemplative. E’ una scommessa di maturazione che donerà più ampiezza alla materia.
Fase 3 – L’ILLUMINAZIONE (energia gialla):
Questo è il momento del famoso: “Eureka!” di Archimede [4]. L’illuminazione: “E’ la più commovente”, è il passaggio dall’oscurità all’improvvisa apparizione della soluzione “con una chiarezza impressionante che può abbagliarlo”. Jaoui distingue un’illuminazione di tipo endogeno da quella che viene provocata da un avvenimento esterno, “come la mela di Newton o la marmitta di Denis Papin”, in ogni caso l’illuminazione è favorita nelle “menti preparate” [5].
L’illuminazione avviene in un istante, inaspettato, spontaneo, insomma: un momento di follia gialla, dove la gioia esulta; i 5 sensi sono in subbuglio. La rivelazione esplode nella testa, l’idea improvvisamene illumina la mente. L’energia gioiosa GIALLA del DISC esulta. I legami si intrecciano immediatamente con tutte le idee, le ricerche e gli scambi precedenti: tutto si connette perfettamente. “Il taglio del webinar” diventa lapalissiano; così come le sue peculiarità, il valore aggiunto del suo contenuto e il titolo accattivante spontaneamente emergono.
Fase 4 – La VERIFICA (energia blu-rossa):
Questa fase chiude il circolo del processo creativo: “la verità può essere ingannevole, le soluzioni apparentemente più geniali possono avere un vizio nascosto”; questa è la fase dove con l’aiuto di esperti o anche con un confronto con il pubblico o con il cliente, si verifica la soluzione innovatrice e il tipo di risultato che andrà a produrre [6].
E’ la fase di attuazione di tutte le idee innovative. A nord della bussola dei colori si procede mettendo le cose in chiaro. Si tratta di pianificare, monitorare i progressi, controllare i dettagli con l’energia BLU del DISC.
E poi serve un capitano ROSSO del DISC che si assicuri che la rotta sia impostata nella direzione della visione e spinga i marinai del suo Team ad attraversare “la tempesta del cambiamento” per realizzare l’idea e ottenere il meritato successo. Nell’esempio del webinar, si mette fattivamente in moto la “macchina organizzativa”: l’evento viene lanciato, vengono condivisi compiti e attività, si eseguono i passi necessari, si fanno i controlli tecnici e il webinar finalmente è pronto.
Le menti più pure e più pensose sono quelle che amano i colori.
– john ruski –
Questa è una chiara metodologia operativa della creatività, un percorso colorato che utilizza un enorme quantità di risorse che sono presenti all’interno dei gruppi di lavoro e in ciascuno di noi, indipendentemente dal nostro temperamento e dalle nostre attitudini.
Saper mescolare sapientemente queste 4 energie colore all’interno di ogni gruppo di lavoro permette di liberare la creatività e dipingere capolavori.
[1] Wallas G., The Art of Thought. New York, Harcourt, Brace, 1926. In Arieti S., Creatività. La sintesi magica, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 1979, p. 15.
[2] Puoi approfondire le 4 energie colore e la Bussola 4Colors® a questo articolo.
[3] Articolo: Processus Creatif + Couleurs = La marelle de la creativité – 31 mars 2020 – Vianney Boussuat – Blog 4Colors.
[5] Jaoui H., Creatività per tutti. Strumenti e metodi da impiegare nel quotidiano, Milano, Franco Angeli, 1993, p. 30.
[6] Articolo: Fasi del Processo creativo di Daniele Brambilla.
Progetto a cura di:
Cristina Turconi Executive & Business Coach ICF | Formatrice Aziendale | Facilitatrice Lavoro di Gruppo | Master Practitioner in HPM™ Human Potential Modeling | Consulente e Innovation Manager MISE | Consulente e Facilitatrice Certificata Metodo 4Colors®
https://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/02/robert-katzki-jbtfm0xberc-unsplash-scaled.jpg17072560Cristina Turconihttp://cristinaturconi.it/wp-content/uploads/2021/03/Logopayoff-300x95.pngCristina Turconi2021-02-21 16:44:142021-04-01 13:31:03Il Processo Creativo a Colori: approcci alla creatività e al Problem Solving nei Team